Può un operatore telefonico “trattenere” un proprio cliente? Il caso Fastweb

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Il Tar conferma il giudizio dell’Antitrust sul carattere scorretto dell’attività di retention messa in atto da Fastweb negli anni scorsi

 

In un settore caratterizzato dalla presenza di più aziende in concorrenza tra loro, come quello telefonico, è essenziale garantire la libertà del consumatore di scegliere l’operatore a cui rivolgersi e, conseguentemente, di poter “migrare” da un gestore all’altro quando non sia soddisfatto del servizio oppure ritienga che altre offerte siano più vantaggiose. E la normativa in materia 1 impone agli operatori telefonici una serie di attività per assicurare l’esercizio del diritto di recesso in tempi rapidi e certi, ed evitare l’interruzione di un servizio importante come quello telefonico.

In passato ci siamo già interessati di alcune decisioni dell’Antitrust volte a punire i comportamenti delle aziende che “ostacolano” il passaggio di un utente ad un altro operatore (leggi la scheda sul caso H3G ).  

Una recente sentenza del Tar del Lazio ci permette di tornare su questo tema.

Nel 2009, l’Antitrust ha esaminato le segnalazioni provenienti da alcuni clienti di Fastweb, i quali lamentavano di essere stati ostacolati dalla società dopo avere espresso la volontà di passare ad un altro operatore 2.

L’Agcm ha contestato a Fastweb di aver prospettato a questi clienti, tramite call center, piani tariffari con condizioni economiche particolarmente vantaggiose, al fine di persuaderli ad annullare la richiesta di disdetta; dalla lettura delle bollette, le tariffe applicate sono però risultate peggiorative rispetto a quelle descritte al telefono. Con questo “inganno” molti utenti sono stati indotti a rimanere con Fastweb, rinunciando a rivolgersi ad un altro operatore.

L’Agcm ha sottolineato che la retention si sostanzia solitamente in offerte personalizzate, che non sono perciò soggette a pubblicazione. Fastweb svolgeva questa attività di retention comunicando le proprie proposte in forma esclusivamente orale, senza effettuarne la registrazione, e senza predisporre linee guida vincolanti o script standardizzati per gli operatori del call center. Al termine del contatto telefonico non era fornito un riepilogo scritto delle nuove condizioni proposte all'utente, che doveva valutare la convenienza delle sulla sola base di informazioni generiche, incomplete o errate ricevute oralmente.

Secondo l’Antitrust, non eravamo in presenza di comportamenti occasionali imputabili al singolo operatore del call center, ma ad una precisa scelta aziendale, contraria alla diligenza professionale, tale da rendere difficile una scelta consapevole da parte del cliente Fastweb e ostacolare anche la presentazione di eventuali reclami da parte dell’utente “deluso”.

Per queste ragioni, l’Antitrust ha deliberato una sanzione di 90.000 euro, aumentata a 120.000 euro a causa di precedenti violazioni del codice del consumo da parte della stessa società.

 

  La sentenza del Tar del Lazio del febbraio del 2011 ha respinto integralmente il ricorso della società, condannata anche al pagamento delle spese 3. Il Tar ha sottolineato in particolare i seguenti aspetti:

        Fastweb non ha prodotto nel corso del procedimento di fronte all'Antitrust la documentazione riguardante la predisposizione di script standardizzati, con i quali gli operatori dei call center avrebbero potuto sottoporre alla clientela, in modo chiaro ed esaustivo, il contenuto delle offerte attivate nel quadro delle procedure di retention;

        l'attività di retention impone il rispetto di regole precise per tutelare il consumatore: le offerte devono essere esposte in modo chiaro ed i contenuti delle offerte devono essere verificabili; occorre inoltre predisporre strumenti idonei a dimostrare l’adesione consapevole dell’utente alla offerta a lui rivolta. Nel caso concreto, non risulta che Fastweb abbia rispettato tali principi;

        è comunque possibile configurare l'esistenza di una pratica commerciale scorretta, anche in presenza di un numero di reclami limitato rispetto al complesso dei contratti stipulati: il Tar ribadisce che non è necessaria l'esistenza di un danno da parte del consumatore, essendo sufficiente che il comportamento sia potenzialmente lesivo dei suoi diritti.

 

3 febbraio 2011



1 Cfr. la legge n. 40 del 2007 e i regolamenti approvati dall’Autorità garante delle comunicazioni.
2 Vedi al riguardo il provvedimento n. 20183 del 2009 (PS361).
3 Cfr. la sentenza della prima sezione n. 861 del 2011.