Nuove tariffe idriche: la consultazione promossa dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas

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Alcune osservazioni al documento dell’Aeeg (clicca qui )

 

Punti 1.12-1.14: si concorda con la valutazione di priorità del problema degli investimenti per fronteggiare le gravi carenze infrastrutturali (il cui fabbisogno, come è noto a codesta Autorità, e come la stessa Autorità riporta, è stimato assai vicino ai 70 mld di euro più che ai 60 mld), ancora più urgente dopo l’esito dei referendum del 2011; concorda, altresì, con la proposta di riconoscere, a carico della tariffa, la quota di investimenti per opere realizzate (ma ricorda che vanamente Assoutenti ha tentato di contrastare l’approvazione dell’art. 8 sexies del decreto legge n. 208 del 2008, convertito nella legge n. 13 del 2009, in base al quale, eludendo la giurisprudenza costituzionale in materia, “Gli oneri relativi alle attività di progettazione e di realizzazione o completamento degli impianti di depurazione, nonché quelli relativi ai connessi investimenti, come espressamente individuati e programmati dai piani d'ambito, costituiscono una componente vincolata della tariffa del servizio idrico integrato che concorre alla determinazione del corrispettivo dovuto dall'utente. Detta componente è pertanto dovuta al gestore dell'utenza, nei casi in cui manchino gli impianti di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi, a decorrere dall'avvio delle procedure di affidamento delle prestazioni di progettazione o di completamento delle opere necessarie alla attivazione del servizio di depurazione, purché alle stesse si proceda nel rispetto dei tempi programmati.”; concorda con il limite degli investimenti per opere “strettamente pertinenti” alla erogazione del servizio.

Punto 1.17: si concorda con la previsione di un quantitativo minimo vitale, il quale dovrebbe peraltro, per sua natura, essere fornito gratuitamente, con adeguate compensazioni tariffarie a carico degli usi inquinanti della risorsa idrica, delle abitazioni a disposizione, di strutture commerciali ad elevato consumo della risorsa e che possono scaricare l’onere sul cliente, senza censurabili effetti discriminatori (strutture ricettive e sportive, ad esempio).

Punto 2.15: in tema di individuazione del soggetto pubblico che deve amministrare gli ambiti ottimali, questa Associazione ritiene che il legislatore debba compiere una scelta definitiva fra le Autorità di ATO ed altri soggetti (ad esempio, le Province), considerando che due anni di proroghe degli ATO, che dovevano essere sciolti al 1 gennaio 2011, non possono che generare incertezze che si riverberano sulla capacità di programmazione pluriennale nel settore.

In proposito (punto 3.17 del documento), si ritiene che l’affidamento, avvenuto in sette Regioni, a soggetti unici regionali non garantisca l’ottimalità dell’ambito, oltre ad apparire non conforme al recente disposto dell’art. 25 del decreto liberalizzazioni n. 1 del 2012, che definisce, di norma, l’ambito ottimale come non inferiore al territorio della Provincia, salvo motivati scostamenti.

Punto 3: si concorda con le criticità evidenziate, sottolineando, per quanto più strettamente di interesse di Assoutenti, i problemi della qualità (in particolare, quanto alle esigenze inderogabili di tutela della salute), della carenza di servizi di depurazione (che, secondo talune fonti qualificate – Massarutto, L’acqua, 2008, p. 54 -, si aggirerebbe intorno al 45%, ben più del 30% stimato dall’Autorità), della eterogeneità eccessiva delle tariffe (la cui escursione sul territorio nazionale, a seconda dei parametri utilizzati in varie ricerche, varia da 1 a 3 e fino a 1 a 4 volte), della assenza o difformità delle Carte dei servizi dalle prescrizioni legislative (tema sul quale Assoutenti ha richiamato invano, negli ultimi anni, l’attenzione del Governo, della Conferenza delle Regioni, dell’ANCI e dell’UPI). Si raccomanda, inoltre, di valutare attentamente la dinamica delle tariffe che, secondo una ricerca della CGIA di Mestre (Corriere della Sera, 11 aprile 2011), sarebbero aumentate del 55,3% nel primo decennio 2000, con riferimento alla struttura della tariffa e di talune sue componenti, procedendo risolutamente verso un metodo di “price cap”.

Quanto a tale ultima osservazione, si ritiene che soltanto l’adozione di un simile metodo tariffario, in cui gli obiettivi di servizio vengano definiti e verificati con la consultazione delle associazioni dei consumatori, possa consentire quegli aumenti che paiono necessari, considerato il basso costo medio della risorsa acqua in Italia, rispetto agli altri Paesi europei.

In definitiva, si ritiene che il sistema debba uscire dallo stallo, che perdura, generato dallo scambio perverso fra bassi livelli del servizio idrico e basse tariffe, grazie a un patto fra enti locali, gestori e utenti. In questo senso, si concorda con quanto dichiarato al punto 6.17 del documento, quanto all’opportunità che il livello della tariffa sia tale da incentivare la razionalizzazione dell’uso della risorsa idrica, anche a fini di tutela ambientale.

Tale intreccio non è stato risolto (semmai, aggravato) dalla preponderante presenza pubblica (ribadita dall’esito del referendum del 2011): per questa ragione, ancora una volta, non appare decisiva la natura pubblica o privata del soggetto gestore, quanto la definizione delle regole alle quali tutti devono attenersi. Valga l’esempio della drammatica situazione della qualità dell’acqua nell’ATO di Viterbo, pure gestito da una società a capitale interamente pubblico.

Quanto ai quesiti espressamente posti alla voce “Spunti per la consultazione” (pp. 20-21 del documento), appare evidente che le priorità negli investimenti dovrebbero essere rappresentate dalle esigenze igienico-sanitarie, cioè opere per garantire la qualità dell’acqua erogata e il completamento della rete di depurazione. Tuttavia, il problema a monte è come reperire le risorse finanziarie necessarie. L’elevata frammentazione dei gestori, spesso di ridotte dimensioni locali, a fronte di pochissime (9) società quotate in borsa che potrebbero in qualche modo reperire i capitali richiesti, non favorisce una soluzione. E anche le società più grandi (ad esempio, ACEA), trovano difficoltà in proposito, acuite dall’esito del referendum abrogativo, che ha soppresso la voce relativa alla remunerazione del capitale investito come elemento della tariffa. L’ambito ottimale, pertanto, dovrebbe essere costruito in maniera tale che l’unico soggetto gestore sia messo in grado di fare fronte al piano di investimenti richiesto dal contratto di servizio. Appare, infatti, illusorio, nella presente (e futura) congiuntura finanziaria, che si possa contare su un contributo pubblico delle dimensioni sopra stimate e che solo un ragionevole adeguamento tariffario, a fronte di obiettivi concordati e verificati, possa favorire gli investimenti. Inoltre, la durata degli affidamenti e i criteri di calcolo per la valorizzazione degli impianti ammortizzati a fine affidamento dovrebbero essere valutati alla luce della esigenza del gestore di reperire risorse per investimento.

Con riferimento ai rapporti utenti-gestori (pp. 23 e 25 del documento), appare necessaria, immediatamente, l’effettiva adozione, da parte di tutti i gestori, di Carte dei servizi conformi alle prescrizioni legislative (in particolare, l’art. 2, comma 361 della legge finanziaria per il 2008, rimasto per lo più “lettera morta”, e, di recente, gli artt. 8 e 36 del decreto legge n. 1 del 2012, convertito nella legge n. 27 del 2012). Le Carte, quindi, devono prevedere:

a)    le specifiche prestazioni esigibili da ciascun utente (non le percentuali complessive, del cui raggiungimento i gestori rispondono agli enti locali contraenti, garantite da penali versate a tali enti), cui corrispondano obblighi giuridicamente rilevanti dei gestori nella fornitura del servizio;

b)    procedure di reclamo semplici e celeri, cui collegare espliciti indennizzi in caso di risontro positivo da parte del gestore, indipendentemente dalla dimostrazione del danno, per la sola violazione degli standard di servizio;

c)     procedure di conciliazione paritaria con le associazioni di consumatori e utenti, per la risoluzione non giurisdizionale delle controversie.

Le specifiche prestazioni devono almeno includere:

a)    i parametri qualitativi dell’acqua erogata;

b)    la garanzia della continuità dell’erogazione;

c)     tempi celeri per gli allacci, le riparazioni dei guasti e le pratiche amministrative (a Roma, ad esempio, ACEA si riserva un anno di tempo per eseguire una scissione di utenza);

d)    una fatturazione standard, chiara, traparente e certa, che eviti opache operazioni di anticipo-conguaglio e si riferisca esclusivamente alle quantità di consumo verificabili in base ai contatori, recante la composizione e variazione della tariffa.

La mancata adozione o la difformità delle Carte dovranno essere sanzionate dall’Autorità.

Punto 5: si ritiene che vada superata l’attuale struttura della tariffa, che appare legata a fattori automatici, quali aumenti dei costi, ammortamenti, ecc., e procedere in varie direzioni:

a)    quanto agli aumenti dei costi, occorre una certificazione pubblica che essi siano generati non da inefficienze del gestore, scaricate sulla tariffa, prevedendo, nei contratti di servizio, recuperi di efficienza gestionale, ciò che richiede una particolare capacità del soggetto affidante di controllare tali costi ed eventualmente disconoscerli, in tutto o in parte;

b)    quanto agli investimenti, i costi riconoscibili devono limitarsi alle opere previste nei contratti di servizio e strettamente pertinenti, come la stessa Autorità ritiene, ciò che richiede una particolare capacità tecnica del soggetto affidante, che deve indicare con la precisione richiesta ad una stazione appaltante tutti i dettagli dell’opera;

c)     quanto alla dinamica tariffaria, occorre introdurre un meccanismo di “price cap”, nei termini sopra accennati, che dia rilievo ai miglioramenti del servizio, equilibrandoli rispetto agli elementi automatici. In particolare, sarebbe opportuno evitare che le perdite di rete, ove il gestore non provveda alle opere richieste in sede di affidamento, gravino sulla tariffa a compensazione del costo di captazione e adduzione non remunerato dalla tariffa a consumo.

La tariffa deve inoltre:

a)    incrociare scaglioni di consumo e scaglioni di reddito (assumendo a parametro gli scaglioni IRPEF), con una franchigia minima in esenzione;

b)    applicare rigorosamente il principio comunitario “chi inquina paga”;

c)     prevedere, a compensazione delle tariffe agevolate e delle esenzioni, tariffe più elevate per le abitazioni a disposizione, le strutture ricettive e sportive, ecc.

In questi termini, si esprime consenso, in particolare, ai punti 5.23-5.25 e 6.4 del documento.

Punti 6.9-6.10. Almeno nella fase di prima applicazione del nuovo sistema gestorio e tariffari, appare decisamente preferibile che sia l’Autorità a raccogliere direttamente tutte le informazioni di costo dei diversi gestori, a determinarne l’ammissibilità ed a trasmettere alle nuove ATO i rispettivi valori di costo del servizio, affinché i medesimi siano traslati in tariffa.Infatti, stante il quadro sopra riportato, le esigenze di tutela dell’utente e di uniformità di applicazione delle regole devono ritenersi prevalenti, finché non si sarà assestato il regime amministrativo di settore.

Punti 6.82-6.84: si esprimono perplessità sulla generalizzazione del criterio del “consumo minimo vitale”, cha appare frutto di un’opzione ideologica più che di valutazioni di efficienza ed equità sociale effettiva. Particolarmente nella attuale congiuntura economica e finanziaria, ma più in generale, appare opportuno riservare la nozione di “consumo minimo vitale” agevolato o addirittura in esenzione alle fasce di reddito inferiori, in tal modo potendo anche aumentare, senza oneri aggiuntivi, la quota di consumo minimo attualmente prevista.

Punti 6.86, 7.8, 7.24 e ss.: si concorda con l’adozione di un meccanismo di convergenza tariffaria graduato, in un arco temporale medio-lungo (3-5 anni), sia al fine di consentire una adeguata organizzazione dei servizi, sul lato dell’equilibrio costi-ricavi del gestore, sia al fine di minimizzare eventuali effetti negativi sull’utenza.

Si ritiene inevitabile che la nuova tariffazione, conseguendo all’esito del referendum abrogativo, sia applicata ai contratti in essere, attraverso una revisione straordinaria delle condizioni di affidamento.

Q. 71-72-73: in tema di trasparenza della bolletta, si raccomanda di evitare, per quanto possibile, la fatturazione in base a stime di consumo, anziché sulla base del consumo effettivo, considerato che, in genere, le stime comportano esborsi immediati più elevati, a fronte di restituzioni delle somme a fine anno. Per il resto, si condivide lo schema di fattura elaborato dall’Autorità.