Le politiche per i consumatori nella XVI legislatura: un bilancio

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 Analisi dei provvedimenti di Parlamento e Governo di maggior interesse per i consumatori

   I primi tre anni e mezzo

Il bilancio del periodo appare alquanto magro in materia di tutela dei consumatori e degli utenti. Le migliori realizzazioni sono il frutto (e nemmeno sempre, perché il legislatore ha sovente minimizzato l’impatto delle nuove norme) del recepimento di direttive comunitarie, come nel caso della direttiva sul credito al consumo e l’intermediazione finanziaria , e solo raramente di un’autonoma iniziativa di Governo e Parlamento, come pure si deve riconoscere per la disciplina della mediazione nel contesto della riforma del processo civile (peraltro in parte rinviata di due anni con il “milleproroghe 2010” e che non pare, finora, aver avuto un significativo rendimento), per le norme in materia di tariffe professionali e documentazione amministrativa, recate dalla legge di stabilità per il 2012, per l’adozione di programmi per la trasparenza e l’integrità delle Pubbliche Amministrazioni. Ma gli aspetti negativi prevalgono, in questa fase, su quelli positivi. Passiamo in rassegna ciò che non è andato e che, in molti casi, non è stato successivamente recuperato.

Class action ex Codice del consumo. La norma presenta numerose criticità, che rendono arduo il ricorso efficace a tale tipo di azione: innanzi tutto, la mancata legittimazione delle associazioni, come era previsto dal testo “Bersani” e come è previsto dalla legge “Brunetta” per le PA, mancata legittimazione che appare ancor più criticabile se si considera il requisito di capacità economica richiesto al ricorrente ai fini dell’ammissibilità dell’azione, con una asseribile lesione del diritto costituzionale alla difesa dei propri diritti e interessi in giudizio. In secondo luogo, la previsione, in caso di condanna, del differimento di sei mesi del risarcimento, senza interessi. In terzo luogo, la pleonastica ripetizione di quanto già previsto dal codice di procedura civile in tema di azione temeraria, che può intendersi solo come un deterrente per i ricorrenti. Finora, risultano ammesse pochissime azioni collettive, ancora nessuna andata a sentenza.

Azione collettiva nei confronti di PA e concessionari di pubblici servizi. Anche questa legge non ha soddisfatto le aspettative dei consumatori. L’azione (e così era d’altronde già previsto nella legge delega) non è proponibile né se la lesione deriva dalla mancata adozione di un atto normativo (ad esempio, un regolamento attuativo di una legge), né nei casi in cui manchi un termine per l’adozione dell’atto amministrativo generale dalla cui mancanza deriva la lesione. Il legislatore non ha infatti previsto, a chiusura del sistema, un termine generale, trascorso il quale sia possibile proporre comunque l’azione; né tale termine, pur necessario, è stato previsto in sede di decreto delegato.

Il legislatore delegato ha inserito una disposizione non recata dalla delega (e sospetta, pertanto, di illegittimità), in base alla quale, nel giudizio, e anche in sede di emanazione della sentenza, il giudice deve tener conto delle risorse disponibili da parte delle PA e dei concessionari, con lo scontato risultato che tutti sosterranno di non avere risorse sufficienti per adempiere ai propri obblighi nei confronti degli utenti; né il giudice può legittimamente sostituirsi alla PA nell’organizzazione delle risorse, indicando come essa avrebbe potuto farlo. Anche in questo caso si tratta di un “privilegio” mantenuto in capo alla PA, perché nessun obbligo è mai imposto al privato con clausola che il privato adempia “nei limiti delle risorse disponibili”, ad eccezione, parrebbe, del privato cui tocchi la felice sorte di essere concessionario di un pubblico servizio.

Ove si riesca, infine, superati tutti gli altri ostacoli, ad ottenere una sentenza favorevole, se la PA o il concessionario continuassero ad essere inadempienti, occorrerebbe proporre un ulteriore giudizio (di ottemperanza), con allungamento dei tempi e nuovi oneri a carico dei ricorrenti. La legge delega avrebbe invece consentito una diversa interpretazione in sede di adozione del decreto delegato, per cui già nella sentenza di condanna sarebbe possibile la nomina di un commissario ad acta. Finora, risulta ammessa una sola azione collettiva nei confronti della P.A.

Liberalizzazioni. Hanno segnato il passo, quando non un regresso. Nel caso del trasporto aereo, l’operazione Alitalia ha prodotto una restrizione del mercato interno dei voli e ha costituito un monopolio sulla tratta Roma-Milano, addirittura previa sospensione dei poteri dell’AGCM.

Per quanto riguarda i servizi ferroviari, è stata disposta la proroga dei contratti regionali per sei anni più sei, anche se affidati senza gara, nonostante il rilievo critico dell’AGCM; sempre in materia di servizi ferroviari, non si è avviata né la separazione della rete dalla gestione dei servizi, né si è istituita un’Autorità indipendente di settore, pur sollecitata dalla stessa AGCM. A tacere della decisione del Ministero dei trasporti di limitare alla sola tratta Torino-Milano l’attività di “Arenaways”, raccogliendo la contrarietà espressa da FS per l’arrivo di un concorrente sulle tratte regionali.

Il decreto legge recante la c.d. “manovra correttiva” 2011 ha introdotto un sovrapprezzo al canone per il trasporto di passeggeri sulle linee ad alta velocità, destinando i relativi introiti alla diminuzione del costo di accesso all’infrastruttura ferroviaria per i servizi oggetto di contratti di servizio pubblico, nonché, a decorrere dal 13 dicembre 2011, un sovrapprezzo al canone per l'esercizio dei servizi di trasporto passeggeri a media e lunga percorrenza, non forniti nell'ambito di contratti di servizio pubblico, per la parte svolta su linee appositamente costruite o adattate per l'alta velocità. L’importo non può eccedere quanto necessario per coprire i costi per l’adempimento degli obblighi di servizio pubblico, tenendo conto di un margine di utile ragionevole per l’adempimento di tali obblighi. Gli introiti derivanti dall’introduzione del sovrapprezzo sono utilizzati per contribuire al finanziamento degli oneri dei “servizi” universali di trasporto ferroviario di interesse nazionale (che peraltro non sono messi a gara, per cui il sovrapprezzo grava sui concorrenti privati di FS perché queste ultime svolgano, con affidamento diretto, il “servizio universale”).

Quanto al mercato del gas, si deve registrare il mancato scorporo di SNAM gas sul modello “Terna”, nonostante le sollecitazioni dell’AEEG, optando il legislatore per una separazione “soft”, la cui realizzazione, oltretutto, è rimessa alla vigilanza del Governo, e non della AEEG, la quale ha lamentato, inoltre, che il “tetto” di mercato consentito all’ENI è tuttora troppo alto e, nel complesso, il mercato è tuttora condizionato da una posizione dominante di quell’Azienda. La mancata liberalizzazione di un mercato detenuto all’80% da ENI ha portato ad un aumento complessivo delle tariffe amministrate del gas pari al 34% circa nel periodo ultimo trimestre 2007-terzo trimestre 2012, mentre, nello stesso periodo, l’aumento complessivo delle tariffe elettriche è stato pari a circa il 12% (nei mesi di aprile e maggio 2012 si sono scaricati, sulle tariffe elettriche, aumenti del 5,8 e del 4%, determinati largamente dall’appesantimento degli oneri generali di sistema).

Il decreto legislativo per la liberalizzazione dei servizi postali ha, come ha detto il Ministro dello sviluppo economico in un’intervista al “Sole-24 Ore”, avuto “un occhio di riguardo” per l’incumbent pubblico, affidando a Poste Italiane, senza gara, per 15 anni, il servizio universale, in versione ancora assai ampia e certamente non pro-mercato.

Con il “milleproroghe 2010”, inoltre, si è cancellato l’obbligo di dismettere le partecipazioni societarie dei Comuni fino a 30 mila abitanti, purché le partecipate non siano in disavanzo.

Con la c.d. “manovra correttiva” 2011  , si è stabilito che solo in via sperimentale, le attività commerciali nelle (sole) città turistiche e d’arte non hanno l’obbligo di rispettare vincoli e prescrizioni in tema di orari di apertura e chiusura giornaliera, di chiusura domenicale e festiva e di mezza giornata di chiusura infrasettimanale.

A ciò si aggiungano: la proroga delle concessioni balneari al 2015, nonostante una procedura di infrazione comunitaria; la proroga per un periodo da cinque a dodici anni delle concessioni idroelettriche, censurata dall’AGCM; l’accordo con i benzinai e la previsione di costi minimi nel settore dell’autotrasporto, anch’essi censurati dall’AGCM perché ingiustificatamente restrittivi del mercato e della concorrenza.

Aumento delle tariffe ferroviarie regionali e delle tariffe rifiuti. La legge di stabilità 2010 impone fra l’altro alle Regioni, che vogliano ottenere contributi statali per investimenti in materiale rotabile, di aumentare le tariffe e, conseguentemente, i ricavi. Il “milleproroghe 2010” ha autorizzato l’aumento delle tariffe rifiuti fino a copertura integrale dei costi del servizio.

Addizionale carburante nelle tariffe dei trasporti marittimi. L’addizionale, che produce una tendenziale lievitazione delle tariffe, in quanto agisce solo in aumento, è stata mantenuta nonostante la valutazione contraria del Garante dei prezzi, organo del Ministero dello sviluppo economico.

Telemarketing e teleselling. L’introduzione del sistema di opt-out, che richiede una comunicazione per iscriversi ad un apposito elenco delle opposizioni, sarebbe volto a rendere più difficile la pratica delle vendite e promozioni telefoniche, specialmente per i soggetti più deboli e meno provveduti: ma l’esperienza dei primi anni del registro delle opposizioni è tutt’altro che positiva.

Canone dei servizi di depurazione idrica non erogati. Il canone è stato reintrodotto sotto altra forma (cioè come componente essenziale del canone idrico finalizzata a finanziare la progettazione e realizzazione degli impianti di depurazione, e deve quindi essere pagata anche in mancanza del servizio di depurazione), nonostante la sentenza della Corte costituzionale, che lo aveva giudicato illegittimo.

IVA sulla TIA. Anche in questo caso, il legislatore ha reintrodotto l’onere nonostante l’opinione contraria espressa dalla Corte costituzionale, che ha giudicato la TIA un tributo e non una tariffa, pertanto non assoggettabile ad IVA.

Ecobonus. La legge di stabilità 2011 proroga di un anno le detrazioni fiscali per le spese edilizie per il risparmio energetico, ma ripartisce l’agevolazione su 10 anni.

Anatocismo. Con il “milleproroghe 2010” si è introdotta una norma di interpretazione autentica dell'articolo 2935 del codice civile, ai sensi del quale la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere. La norma in esame prevede che, con riguardo alle operazioni bancarie regolate in conto corrente, l'articolo 2935 del codice civile si debba interpretare nel senso che la prescrizione relativa ai diritti nascenti dall'annotazione in conto inizia a decorrere dal giorno dell'annotazione stessa. In ogni caso, viene aggiunto, «non si fa luogo alla restituzione di importi già versati alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge», contrariamente alla più recente giurisprudenza della Corte di cassazione, la quale aveva statuito che la prescrizione opera dalla chiusura del rapporto, con facoltà di richiedere la restituzione delle somme indebitamente percepita dalle banche.

Aumento della soglia del tasso di usura. Con il decreto “sviluppo economico” del 2011 è stato modificato in peggio il limite del tasso di usura, per tassi medi fino al 16%.

Prezzi dei libri. La legge n. 128 del 2011  , subito nota nel web come “legge anti-Amazon”, ha fissato una limitazione al 15% degli sconti sui prezzi dei libri.

Social card. Secondo il dossier del Servizio Studi della Camera sul decreto-legge “milleproroghe 2010”, per la social card sarebbero stati spesi 265 milioni da agosto 2008 a dicembre 2010, pari a 113 mln all’anno, che, divisi per 480 euro all’anno, importo di una carta, corrisponderebbero a 235.416 beneficiari, contro 1.300.000 dichiarati dal Governo quando presentò l’iniziativa, cioè meno di un quinto dei beneficiari stimati. L’importo inizialmente stanziato, pari a 450 mln di euro, avrebbe dovuto coprire le carte di 937.500 beneficiari, cioè quasi 4 volte di più di quelli che effettivamente hanno ricevuto la carta, che poi, infatti, è stata ampiamente ridimensionata nel finanziamento e negli scopi originari, riducendo a 50 milioni lo stanziamento e limitandone l’erogazione ai Comuni con più di 250 mila abitanti.

L’inversione di tendenza

La fine del 2011, con la presa d’atto dell’acutezza della crisi economica e finanziaria, e sotto la forte pressione delle istituzioni comunitarie, segna un’ inversione di tendenza. La legge di stabilità per il 2012, e via via il decreto legge c.d. “salva Italia” , il decreto legge sulle liberalizzazioni  , il decreto legge sulle semplificazioni amministrative , la legge in materia di crisi da sovraindebitamento  , il decreto ministeriale recante il regolamento per le gare nel settore della distribuzione del gas  hanno introdotto, accanto a misure indiscutibilmente gravose in campo fiscale (aumento delle accise, aumenti dell’IVA, reintroduzione della tassazione sulla prima casa), numerose e attese misure, direttamente o indirettamente favorevoli, nel medio periodo, ai consumatori e utenti dei servizi, peraltro non senza talune marce indietro nel corso dell’esame parlamentare. Fra le principali, si possono menzionare:

a)    separazione della rete SNAM gas da ENI

b)   abolizione delle tariffe professionali (peraltro, sostanzialmente reintrodotte in extremis per gli avvocati dalla legge sull’ordinamento forense)

c)   ampliamento della possibilità del ricorso alla class action

d)   istituzione di un’Autorità per i trasporti

e)   soppressione del secondo sessennio di rinnovo senza gara degli affidamenti ferroviari e liberalizzazione dei servizi medesimi

f)     divieto per le PA di richiedere certificati ai cittadini e altre norme di semplificazione

g)    liberalizzazione delle aperture dei negozi

h)    abolizione di restrizioni all’esercizio di attività economiche (distanze, prezzi minimi, contingenti, ecc.)

i)     ampliamento dei poteri dell’Autorità garante della concorrenza (in materia di accertamento di clausole vessatorie e di illegittime restrizioni alle attività economiche)

j)     obbligo di affidamento con gara delle nuove concessioni autostradali

k)    precisazione dei contenuti delle Carte dei servizi, anche con riferimento ai diritti di natura risarcitoria a favore degli utenti

l)     aumento del numero e della localizzazione delle farmacie, sconti sui farmaci, liberalizzazione delle aperture, prescrizione di farmaci equivalenti

m) liberalizzazione e aumento dell’offerta nel settore della distribuzione di carburanti

n)    riduzione delle commissioni bancarie per l’uso di carte di pagamento

o)   misure per consentire la riduzione delle tariffe assicurative per rc auto

p)   abolizione del “bollino blu” annuale per l’auto

q)    semplificazione delle certificazioni per le invalidità civili

r)     gratuità dei conti correnti per i pensionati fino a 1500 euro

s)    esclusione delle commissioni bancarie per sconfinamenti dei consumatori fino a 500 euro per non oltre una settimana per una volta a trimestre.

Nel settore dei servizi pubblici locali, l’esito del referendum del 2011 ha precluso l’avvio di un mercato concorrenziale e il “disboscamento” della pletora di aziende locali, come confermato dalla Corte costituzionale: quelle a partecipazione diretta sarebbero circa 3.600, con circa 250.000 dipendenti e con oltre 38.000 titolari di cariche sociali (consiglieri di amministrazione, sindaci, direttori generali) 1.

Tuttavia, sono da segnalare alcune norme (davvero residuali) che potrebbero risultare favorevoli agli utenti:

a)    le regole per gli affidamenti dei medesimi servizi, recate dal regolamento di attuazione del “decreto Ronchi”, che sono da ritenersi vigenti perché non incompatibili con l’esito del referendum, e dal regolamento per lo svolgimento delle gare per il servizio di distribuzione del gas, con riferimento, fra gli altri, ai criteri di determinazione delle tariffe;

b)   l’attribuzione di competenze di regolazione e vigilanza all’AEEG in materia di servizi idrici (e relativa tariffazione: l’Autorità si è già mossa, anche consultando le associazioni dei consumatori, leggi un commento ) e la costituzione della Autorità per i trasporti (anche se tale Autorità continua a non essere operativa: clicca qui ).

Qualche spunto di riflessione e proposta

Certamente, molto c’è da fare e non tutto ciò che è stato deciso nell’ultima fase della legislatura può essere approvato; in tal senso Assoutenti, nell’audizione presso la Commissione Industria del Senato, avvenuta il 3 febbraio 2012 sul decreto legge liberalizzazioni, ha formulato numerose e robuste osservazioni, dal mancato scorporo di RFI dal gruppo FS alla mancata presa in considerazione di ulteriori miglioramenti alla disciplina delle due azioni collettive, alla mancata liberalizzazione del servizio di taxi.

Critiche che si aggiungono a quelle formulate con documenti e prese di posizione ufficiali in precedenti circostanze, dall’operazione Alitalia al mantenimento dell’addizionale carburanti nel trasporto marittimo collettivo, dalla troppo ampia definizione del servizio pubblico nel servizio postale, riaffidato senza gara a Poste Italiane, alla timida (per quanto importante) introduzione delle azioni collettive, dalle norme in materia di anatocismo alla reintroduzione dell’IVA sulla TIA e di pagamento dei canoni di depurazione, anche in assenza del relativo servizio, alla mancata generalizzazione di Carte dei servizi conformi alle prescrizioni legislative vigenti, soprattutto a livello locale.

Mancano tuttora, inoltre, i provvedimenti attuativi in materia di attività economiche che restano assoggettate a regimi autorizzatori o concessori e in materia di liberalizzazione dei trasporti.

Inoltre, tuttora pendono, in Parlamento, provvedimenti che tardano ad essere approvati, come la Carta dei doveri della PA, che pure dovrà attendere i decreti attuativi, essendo recata da una legge delega, così come mancano ancora i decreti attuativi della “class action Brunetta” e delle procedure di conciliazione nel settore dei servizi pubblici, senza i quali le norme di legge che hanno introdotto queste positive novità restano in parte lettera morta; così come non è “decollata” la legge annuale sulla concorrenza, il cui primo disegno di legge doveva essere presentato entro due mesi dalla relazione annuale dell’AGCM, che è stata pubblicata il 15 giugno 2010. Né la nuova legge sulla protezione civile ha cancellato la norma (anti-mercato) relativa ai “grandi eventi”: tutti problemi che restano ancora irrisolti e vengono consegnati alla prossima legislatura.

Al di là di singole critiche puntuali, si osserva, più in generale, che il mercato dei servizi resta tuttora contrassegnato da forti squilibri fra i vari settori: in alcuni, come l’elettricità e le telefonia, si registra un elevato grado di concorrenza e una apprezzabile dinamica tariffaria; in altri, il processo sembra avviato, anche se gli esiti sono da verificare, come nel settore ferroviario e del gas; in taluni, sono stati introdotti interessanti elementi di concorrenzialità, come per le farmacie; in altri ancora, il processo sembra segnare il passo, come nel caso dei servizi postali e, soprattutto, nel vasto settore dei servizi pubblici locali.

Secondo uno studio della CGIA di Mestre sull’andamento delle tariffe e dei prezzi dei servizi pubblici nel periodo 2000-2010, le tariffe e i prezzi applicati nei settori meno o per nulla concorrenziali (quasi sempre in mano pubblica o comunque legislativamente “protetti”) sono cresciute più delle tariffe e dei prezzi dei settori maggiormente concorrenziali: acqua 55%; rifiuti 54%; ferrovie 44%; autostrade 38%; taxi 35%; gas 33%; trasporto locale 31%; poste 29%; elettricità 24%; telefonia -12%. Ciò dimostra empiricamente la correlazione positiva fra l’apertura di un mercato ben regolato e vigilato e i vantaggi per gli utenti.

Una riflessione non occasionale meriterebbero, poi, alcune disposizioni, sia del Governo Berlusconi che del Governo Monti, le quali predispongono strumenti speciali di intervento pubblico per impedire o condizionare le acquisizioni di imprese ritenute strategiche da parte di soggetti non nazionali, da un lato consentendo l’acquisizione di partecipazioni azionarie alla Cassa Depositi e Prestiti (norma nata dal tentativo, poi comunque riuscito, della francese “Lactalis” di acquistare la “Parmalat”), dall’altra consentendo finanche un potere di veto in caso di tentativi di acquisizione da parte di soggetti non comunitari. Certamente, non possono non essere prese in considerazione esigenze di tutela delle posizioni di mercato delle imprese italiane e dei livelli occupazionali; tuttavia, si richiederebbe, prima dell’eventuale esercizio di simili poteri, anche una valutazione dell’impatto sui prezzi, le tariffe e le condizioni di contratto per i consumatori e gli utenti.

Tuttavia, è innegabile che, a partire dalla fine del 2011, la direzione di marcia appare cambiata e non si può non prenderne atto. Si tratta di avanzamenti che devono essere attentamente presidiati perché non si facciano passi indietro e dai quali occorre ripartire per ulteriori miglioramenti. Proroghe, deroghe e letarghi sono sempre in agguato.

 

Per un’analisi dettagliata dei singoli provvedimenti o sentenze di interesse dei consumatori guarda la sezione del sito Assoutenti Leggi e consumatori

marzo 2013


1 fonti: “Il sistema amministrativo italiano”, a cura di L. Torchia, Il Mulino, 2009; G. Napolitano, “Il capitalismo municipale”, Rapporto IRPA 2/2012.