I prezzi pubblicizzati devono corrispondere a quelli reali: il caso Gestione e servizi

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Il Tar conferma la sanzione a carico della società decisa nel 2009 dall’Antitrust

 

Ci siamo interessati molte volte delle iniziative dell’Autorità garante della concorrenza per garantire il rispetto delle norme del codice del consumo volte a fornire all’acquirente tutte le informazioni elementi utili a far conoscere il prezzo effettivo: leggi al riguardo la scheda generale sull’argomento e quella dedicata a saldi e vendite promozionali. Una sentenza del Tar ci consente di tornare sull’argomento.

Nel 2009 l’Antitrust ha esaminato la campagna pubblicitaria promossa dalla società Gestione e Servizi per reclamizzare i prezzi per la stampa di foto digitali presso la catena di 100 negozi in franchising (“FotoDigitalDiscount franchising center – Foto 0,03… Chiedi regolamento al negoziante”). L’Agcm ha verificato che i prezzi indicati nei manifesti erano molto inferiori rispetto a quelli realmente applicati nei negozi affiliati: solo leggendo il regolamento affisso nei locali si poteva venire a conoscenza delle condizioni effettivamente praticate, che comunque non corrispondevano affatto a quelle pubblicizzate (i prezzi erano cinque volte superiori per le prime 50 foto, tre volte fino a 300 foto e un prezzo inferiore solo a partire dalla 500esima foto). Per questi motivi l’Antitrust ha deliberato una sanzione di 35.000 euro, che tiene conto anche della volontà della società di interrompere la campagna promozionale 1.

Il Tar del Lazio ha respinto il ricorso della società, condannata anche al pagamento delle spese 2. Il giudice amministrativo sottolinea innanzitutto la responsabilità della Gestione e Servizi per il comportamento dei punti vendita affiliati, in quanto dallo stesso contratto di franchising emerge che la società, pur non imponendo il rispetto di prezzi fissi di rivendita ai propri affiliati, richiede comunque di applicare prezzi coerenti con quelli indicati nel listino nazionale da esso pubblicizzato. Il Tar ribadisce inoltre il principio, ormai consacrato nella giurisprudenza, in base al quale non si può addossare al cliente l’onere di ricostruire il reale oggetto dell’offerta ed il suo prezzo andando a ricercare ulteriori informazioni rispetto a quelle contenute nei messaggi pubblicitari: il codice del consumo punisce infatti anche il c.d. “effetto aggancio” determinato da pubblicità che descrivono in modo falso o ambiguo le caratteristiche di un bene ed il suo costo proprio al fine di indurre il potenziale cliente ad effettuare scelte che altrimenti non avrebbe fatto.

29 novembre 2012



1 Vedi il procedimento PS1532 – provvedimento 20366.
2 Vedi la sentenza n. 9888 del 2012. In precedenza il Tar aveva respinto anche la richiesta di sospensiva (ordinanza n. 2901 del 2010).