Programmati per rompersi: qualcosa si muove contro l’obsolescenza programmata

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Buone notizie sul fronte del contrasto all’obsolescenza programmata nel nostro paese.

Il fenomeno dell’obsolescenza è legato a quel meccanismo odioso che vede in particolare i dispositivi elettronici costruiti in modo da rompersi appena esaurita la durata della garanzia, necessitare di pezzi di ricambio ormai irreperibili o molto costosi, oppure di aggiornamenti software che poi di fatto ne limitano o impediscono il funzionamento.

E proprio a questa ultima tipologia di “invecchiamento precoce” dei nostri dispositivi fanno riferimento le decisioni dell’AGCM, Autorità garante della concorrenza e del mercato,e del Tar del Lazio che ci fanno ben sperare.

Ad ottobre 2018 l’Antitrust aveva multato con 5 milioni di euro Samsung e con 10 milioni Apple per aver rilasciato ai propri clienti aggiornamenti software che, trascorso un certo tempo, rendevano il dispositivo inutilizzabile. Le due società si erano rivolte al Tar del Lazio per chiedere una sospensione cautelare del provvedimento, ma poche settimane fa hanno visto il tribunale amministrativo rigettare la propria richiesta. Apple è stata inoltre obbligata a pubblicare sulla home page del proprio sito il testo della sentenza.

Obsolescenza programmata: serve una legge

In Italia, e più in generale in Europa, manca ancora una quadro normativo di riferimento per contrastare efficacemente l’obsolescenza programmata. Come ha ben spiegato anche Milena Gabanelli in una puntata del suo Data Room, per ora solo la Francia si è dotata (nel 2015) di una legge che punisce severamente i produttori che deliberatamente riducono il ciclo di vita di un prodotto.

Built-in obsolescence: che cosa può fare l’Europa

A giugno del 2017 i deputati europei della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori hanno invitato la Commissione a prendere dei provvedimenti per limitare l’obsolescenza pianificata di prodotti informatici e software. Una buona legislazione europea su questo fenomeno dovrebbe tenere in considerazione non solo gli aspetti tecnologici, la qualità e l’efficienza dei beni di consumo, ma anche i risvolti ambientali collegati alla cultura ormai imperante dell’usa e getta.