L’Autorità per l’energia elettrica ed il gas fa il punto sull’applicazione della Robin Hood Tax e sui possibili effetti traslativi sui prezzi al consumo dei prodotti energetici

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 Il gettito dell’imposta aumenta per effetto delle modifiche introdotte nel 2011

 L’Autorità per l’energia elettrica ed il gas ha presentato il 24 gennaio 2013 la Relazione al Parlamento sull’attività di vigilanza svolta nel 2012 nei confronti delle società del comparto energetico soggette al divieto di traslazione sui prezzi al consumo dei maggiori oneri derivanti dall’applicazione dell’addizionale IRES (cosiddetta Robin Hood Tax). L’addizionale è stata  introdotta dall’articolo 81 del decreto legge n. 212  del 2008. Successivamente, il decreto-legge n. 138 del 2011 ha modificato la misura del prelievo e l’ambito applicativo, prevedendo un incremento di aliquota dell’addizionale di imposta di 4 punti percentuali per il triennio 2011-2013 (dal 6,5% al 10,5%), introducendo nuove soglie per l’assoggettamento alla maggiore imposta (volume dei ricavi superiore a 10 milioni di euro e reddito imponibile superiore ad un milione di euro) ed estendendo l’applicazione del prelievo e la conseguente vigilanza dell’Autorità ad altri settori del comparto energetico.

Per tener conto di tali modifiche normative e delle pronunce del giudice amministrativo 1  volte a delineare meglio i limiti dei poteri di vigilanza in tale ambito, nel corso del 2012, l’Autorità ha adottato una  delibera di riordino della disciplina dell’attività di vigilanza assegnatale, disponendo una razionalizzazione e semplificazione di tale attività in sostanziale continuità con le precedenti deliberazioni in materia 2.

La Relazione contiene numerosi dati che, oltre a consentire una valutazione sulla effettiva portata del prelievo e sulla sua evoluzione, ne individuano anche i profili di criticità. In particolare:

I soggetti vigilati nel periodo 2008-2011. Nel triennio 2008-2010, le variazioni intervenute nel numero degli operatori vigilati, passati complessivamente da 525 a 402, sono sostanzialmente riconducibili al continuo mutamento delle condizioni del mercato energetico, specie per quanto riguarda le quotazioni internazionali dei prodotti petroliferi. Infatti, nel triennio il numero degli operatori del settore energia elettrica e gas è rimasto pressoché inalterato; di contro, la maggiore variabilità dei profitti conseguiti dalle imprese del settore petrolifero, che hanno risentito in maniera diretta dell’andamento delle quotazioni della materia prima, ha dapprima determinato un’espansione del perimetro degli operatori interessati dall’addizionale IRES (da 274 nel 2008 a 301 nel 2009) e, successivamente, una contrazione (da 301 nel 2009 a 254 nel 2010). Le cause di questa tendenza sono osservabili nella dinamica dei ricavi conseguiti dagli operatori del settore che, specie nel 2009, non hanno raggiunto la soglia prevista dall’articolo 81, comma 16, del decreto legge 112/08 pari a 25 milioni di euro. Un’ulteriore causa della contrazione dei soggetti vigilati, riguarda la significativa serie operazioni straordinarie (fusioni, acquisizioni e cessioni di rami d’azienda) che ha caratterizzato l’intero comparto energetico negli esercizi 2009 e 2010. In particolare, oltre al caso delle fusioni/acquisizioni di rami d’azienda in cui viene meno la personalità giuridica del soggetto incorporato, anche le scissioni/cessioni di rami d’azienda possono provocare un’uscita dall’ambito applicativo della maggiore imposta quando il ridimensionamento aziendale colloca i “nuovi” soggetti al di sotto delle soglie fissate dal decreto legge.

La riduzione da 476 unità a 402 unità del numero degli operatori vigilati avvenuta nel 2011 è attribuibile sia  alla permanenza nel 2010 di una congiuntura economica negativa a livello nazionale che ha influito sui risultati delle aziende del settore energetico (in quanto per l’applicazione dell’addizionale si considerano i parametri quantitativi dell’esercizio precedente), sia  le citate modifiche normative introdotte dall’articolo 7 del decreto legge n. 138/2011 relative ai requisiti per l’applicazione della maggiore imposta. Tale misura, introdotta con l’intento originario di ampliare l’ambito soggettivo di applicazione dell’addizionale IRES ha di fatto determinato una sensibile contrazione del numero degli operatori interessati dal maggior tributo, specie nel settore petrolifero (il perimetro dei vigilati si è quasi dimezzato rispetto al precedente esercizio). Ciò presumibilmente in seguito all’introduzione nella norma di un “nuovo” parametro soglia, il reddito imponibile superiore a un milione di euro che, a differenza del volume di ricavi, misura la redditività della gestione d’impresa. Numerose imprese del settore petrolifero, tra cui società multinazionali di rilevanti dimensioni in termini di fatturato, non hanno, infatti, applicato l’addizionale IRES nell’esercizio 2011 in quanto, nel 2010, hanno registrato perdite fiscali ovvero hanno prodotto un reddito imponibile inferiore a un milione di euro, anche per effetto della deduzione dal reddito imponibile delle perdite pregresse ai sensi dell’art. 84 del TUIR. Nel settore dell’energia elettrica e del gas l’adozione del nuovo parametro ha in parte neutralizzato l’estensione del tributo alle imprese attive nelle fonti rinnovabili e nei servizi a rete (complessivamente, 47 unità vigilate nel 2011). Nel complesso, nei settori vigilati ed in particolare nel  settore petrolifero, l’Autorità ha osservato un’assenza di correlazione tra il parametro dimensionale dei ricavi e la redditività delle imprese, per cui non sono stati rari i casi in cui un’impresa con un ingente ammontare dei ricavi, abbia registrato perdite.

Il gettito dell’addizionale IRES di competenza degli esercizi 2010 e 2011. In basealle informazioni trasmesse dagli operatori, l’Autorità ha quantificato in  527 milioni di euro l’addizionale IRES di competenza dell’esercizio 2010, stimata in 495 milioni di euro nella precedente Relazione. La riduzione del gettito del tributo rispetto all’esercizio 2009 (n cui l’addizionale IRES era stata pari a 740 milioni di euro) è attribuibile essenzialmente all’uscita dall’area di applicazione dell’imposta di 74 operatori e ad una situazione di scarsa redditività riscontrata nelle imprese vigilate. Il dato è particolarmente significativo, considerando che nell’esercizio 2010 è avvenuto l’innalzamento di un punto percentuale dell’addizionale IRES per effetto dell’articolo 56, comma 3, della legge n. 99/09. In merito, la relazione tecnica alla citata legge aveva stimato un incremento del tributo di competenza in circa 122 milioni di euro ipotizzando per l’esercizio 2010 una base imponibile analoga a quelle del 2008 e del 2009, circostanza diversa da quella effettivamente registrata. L’addizionale IRES di competenza dell’esercizio 2011, con un gettito pari a 1.457 milioni di euro, di cui 1.250 milioni di euro provenienti dal settore energia elettrica e gas, pari all’86% dell’intero settore energetico, ha invece fatto registrare un significativo incremento rispetto all’esercizio precedente ( 930 milioni di euro). Ad influire su detto andamento, hanno contribuito principalmente: l’incremento dell’aliquota d’imposta di quattro punti percentuali previsto dal decreto-legge 138/11; l’estensione del tributo al settore delle fonti rinnovabili ed ai servizi a rete; le modifiche dei parametri di applicazione dell’addizionale IRES che, come detto, hanno avuto riflessi in termini di riduzione del perimetro degli operatori incisi.                                                    

Da un confronto con le stime contenute nella relazione tecnica al disegno di legge di conversione del decreto-legge 138/11, emerge un gettito effettivo dell’addizionale nettamente superiore ai 900 milioni di euro stimati nella relazione per l’interno comparto energetico. In particolare, le stime della elazione tecnica erano state basate principalmente sulle semestrali pubblicate dai due  operatori di riferimento dei settori della trasmissione dell’energia elettrica e del trasporto del gas (Terna S.p.a. e Snam Rete Gas S.p.a.); i dati parziali delle due società avevano suggerito una stima di gettito di circa 90 milioni di euro per Terna e di 220 milioni di euro per Snam Rete Gas, per complessivi 310 milioni di euro. Il dato rilevato dall’Autorità ha evidenziato un’addizionale IRES pari a 104,36 milioni di euro per Snam Rete Gas e 81,32 milioni di euro per Terna, per un totale di circa 185,7 milioni di euro. D’altro canto, il gettito di addizionale IRES più rilevante in misura assoluta è stato quello prodotto dalle società appartenenti al Gruppo Enel, di cui 312,3 milioni di euro dovuti dalla sola Enel Distribuzione S.p.a.. L’ammontare dell’addizionale IRES 2011 che ha interessato i settori dei servizi a rete e delle fonti rinnovabili è risultato pari a complessivi 663 milioni di euro, di cui 600 milioni di euro dai servizi a rete e 63 milioni di euro dalle fonti rinnovabili. Tale gettito rappresenta il 53% circa del gettito del settore elettricità e gas ed il 45% dell’intero settore energetico.

Elementi di criticità del tributo e possibili effetti collaterali. A seguito dell’introduzione della soglia di un milione di euro di reddito imponibile per l’assoggettamento delle imprese all’addizionale IRES, il regime di riporto delle perdite agli esercizi successivi disciplinato dall’art. 84 del TUIR ha prodotto una riduzione del perimetro di applicazione dell’addizionale stessa. In merito, come già chiarito dall’Agenzia delle Entrate 3, l’utilizzo di perdite pregresse comporta l’abbattimento sia della base imponibile dell’IRES sia dell’addizionale;  inoltre, per i soggetti che hanno optato per il regime del consolidato fiscale, le perdite pregresse devono essere trasferite alla fiscal unit ai fini della determinazione del relativo imponibile IRES di gruppo da assoggettare ad aliquota ordinaria e sono utilizzate autonomamente da ciascun soggetto per abbattere i propri imponibili da assoggettare all’addizionale dell’IRES. A decorrere dall’esercizio 2012, secondo l’Autorità tale fenomeno potrebbe in parte essere limitato dall’entrata in vigore dell’articolo 23, comma 9 del decreto legge 98/2011, che ha introdotto un limite quantitativo al riporto delle perdite pregresse in ragione dell’80% del reddito imponibile.

La modalità di determinazione del reddito imponibile ai fini dell’addizionale IRES si aggiunge ai già sperimentati elementi di tax planning che hanno indotto gli operatori interessati dal tributo dal 2008 ad avvalersi spesso di regimi sostitutivi più convenienti rispetto alla tassazione ordinaria; a ridefinire i propri assetti societari con operazioni straordinarie di scissione o cessioni di rami di azienda;  ad aggregare attività rientranti nel settore energetico  con altre attività per non raggiungere la soglia dei ricavi rilevanti ai fini dell’applicazione del tributo. Conseguentemente, la revisione dell’ambito di applicazione dell’addizionale IRES per l’esercizio 2011, oltre ad aver determinato un differente carico fiscale per gli operatori di un medesimo settore (distinti dall’entità delle perdite utilizzabili nell’annualità pregressa), ha prodotto effetti anche sulla vigilanza del divieto di traslazione che si rivolge agli operatori incisi dall’addizionale. In particolare, le imprese che nel 2011 hanno usufruito di un vantaggio fiscale applicando un’aliquota d’imposta inferiore di 10,5 punti percentuali rispetto ai propri concorrenti, potrebbero essersi avvantaggiate nel medesimo esercizio di una “maggiore competitività” nella pratica dei prezzi di vendita in quanto non obbligate al rispetto del divieto di traslazione. Tale circostanza, secondo l’Autorità, si configura come una possibile criticità del mercato vigilato, non priva di possibili ricadute sui prezzi al consumo.

Il margine di contribuzione ed il possibile effetto traslativo sui prezzi al consumo. In generale la variazione del margine di contribuzione è riconducibile a dinamiche, di espansione o contrazione, dei  prezzi di vendita praticati rispetto ai prezzi di acquisto o di approvvigionamento (effetto prezzo) e/o dei volumi negoziati (effetto quantità). Nell’ambito della vigilanza, la variazione positiva del margine attribuibile all’effetto prezzo costituisce un indicatore utile ad individuare quei soggetti che con maggior probabilità hanno posto in essere condotte traslative; quindi, è ragionevole supporre che, a seguito dell’introduzione dell’addizionale IRES, gli operatori recuperino la redditività sottratta dal maggior onere fiscale, aumentando il differenziale tra i prezzi di acquisto e i pezzi di vendita. Le verifiche sui dati contabili delle società del settore energia elettrica e gas per l’esercizio 2010 hanno evidenziato:  105 casi di operatori che hanno presentato una variazione positiva del margine di contribuzione semestrale riconducibile a maggior prezzi praticati rispetto a periodi precedenti l’introduzione del divieto di traslazione; 73 casi di operatori che hanno presentato una variazione negativa del margine di contribuzione semestrale ovvero che hanno incrementato il proprio margine vendendo maggiori volumi rispetto a periodi precedenti l’introduzione del divieto di traslazione;  20 casi di operatori che non hanno prodotto reddito imponibile ai fini IRES (perdite fiscali). Pertanto, secondo l’Autorità, è possibile affermare che anche per il 2010 una parte significativa dei soggetti vigilati appartenenti al settore energia elettrica e gas, a seguito dell’introduzione del divieto di traslazione, ha adottato politiche di prezzo che hanno incrementato il margine di contribuzione dovuto all’effetto prezzo, determinando uno svantaggio per i consumatori finali.

Le verifiche sui dati contabili delle società del settore petrolifero per l’esercizio 2010 hanno evidenziato:  94 casi di operatori che hanno presentato una variazione positiva del margine di contribuzione semestrale riconducibile a maggior prezzi praticati rispetto a periodi precedenti l’introduzione del divieto di traslazione; 83 casi di operatori che hanno presentato una variazione negativa del margine di contribuzione semestrale ovvero che hanno incrementato il proprio margine vendendo maggiori volumi rispetto a periodi precedenti l’introduzione del divieto di traslazione;  34 casi di operatori che non hanno prodotto reddito imponibile ai fini IRES (perdite fiscali). Pertanto, è possibile affermare che anche nel 2010 una parte significativa dei soggetti vigilati appartenenti al settore petrolifero abbia adottato, a seguito dell’introduzione del divieto di traslazione, politiche di prezzo che hanno incrementato il margine di contribuzione dovuto all’effetto prezzo, determinando uno svantaggio per i consumatori finali. Tale condotta, seppur riferita ad un numero di operatori ridotto rispetto al 2009 ha tuttavia prodotto nel secondo semestre 2010 effetti di entità superiore rispetto al corrispondente semestre del 2009. Una possibile spiegazione del fenomeno è riconducibile al rialzo delle quotazioni internazionali delle materie prime e dei prodotti finiti avvenuta nella seconda parte del 2010, al quale il settore petrolifero si è mostrato più sensibile.

I risvolti di carattere fiscale della vigilanza. Anche nel 2012 l’attività di vigilanza sul rispetto del divieto di traslazione della maggiorazione d’imposta è stata svolta dall’Autorità in collaborazione con il Nucleo Speciale Tutela Mercati della Guardia di Finanza. Tale collaborazione è stata assicurata attraverso un continuo interscambio di dati e informazioni che hanno consentito di individuare e sottoporre ad ulteriori accertamenti operatori che non hanno dato corso agli adempimenti ritenendosi, a vario titolo, non soggetti all’addizionale d’imposta ed alla conseguente vigilanza dell’Autorità, nonché operatori che si sono sottratti agli adempimenti richiesti comunicando all’Autorità un importo errato del reddito imponibile relativo al periodo d’imposta 2010, risultato inferiore rispetto a quello presente nelle banche dati interrogate. Gli effetti positivi che l’attività di vigilanza ha prodotto in termini di recupero di maggiore imposta per l’Erario, nel periodo 2008 – 2011, sono stimabili in circa 5 milioni di euro, importo al quale vanno aggiunte le sanzioni pecuniarie e gli eventuali interessi applicati in sede di ravvedimento, se operato.

  


1 Cfr. la sentenza del Consiglio di Stato, Sezione VI, n. 4388/2011. Con tale sentenza il Consiglio di Stato ha affermato che l’articolo 81, comma 18, del decreto legge n. 212 del 2008 assegna all’Autorità poteri autoritativi che le consentono, per lo svolgimento delle proprie funzioni , di richiedere agli operatori  informazioni e documenti sulla loro attività ma escludono l’adozione di misure sanzionatorie.   

2 Cfr. delibera 394/2012/E/RHT “Riordino delle disposizioni in materia di vigilanza sulla puntuale osservanza del divieto di  traslazione della maggiorazione d’imposta di cui all’articolo 81, comma 18, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 212, convertito con modificazioni in legge 6 agosto 2008, n. 133”.

3 Cfr. Agenzia delle Entrate, Circolare 35/E/2010.