Indagine conoscitiva sul credito al consumo – 23.2.2010

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Documento conclusivo dell’indagine conoscitiva della VI commissione della Camera dei deputati, approvato il 23 febbraio 2010  (Sintesi)

 La dimensione del fenomeno

 Secondo i dati forniti dall'Associazione bancaria italiana (ABI), l'analisi in dettaglio della composizione dei finanziamenti erogati alle famiglie consumatrici fa rilevare quanto segue: il 62,8 per cento dei prestiti è costituito dai mutui per l'acquisto di abitazioni (per un ammontare delle consistenze pari a circa 239,9 miliardi di euro); il 10,3 per cento dal prestito personale (per un ammontare delle consistenze che si stima pari a circa 39,4 miliardi di euro); l'11,2 per cento dal prestito finalizzato, cioè il credito al consumo erogato tramite dealer per l'acquisto ad esempio di beni mobili quali automobili ed elettrodomestici (per un ammontare delle consistenze che si stima pari a circa 42,7 miliardi di euro); il 2,6 per cento dalla cessione del quinto dello stipendio/pensione (per un ammontare delle consistenze che si stima pari a circa 9,8 miliardi di euro); il 4,6 per cento dalle carte di credito revolving (per un ammontare delle consistenze che si stima pari a circa 17,5 miliardi di euro), considerando che nel 2008 l'utilizzo delle carte revolving è aumentato dell'11 per cento rispetto al 2006 e che nel 2009 si stima un aumento del 25 per cento sul 2008, ammontando le carte di questo tipo circolanti in Italia a 4,3 milioni; l'8,6 per cento da altri prestiti – cioè crediti che non sono riconducibili né al credito al consumo né ai mutui ipotecari per l'acquisto delle abitazioni – per un ammontare delle consistenze che si stima pari a circa a 32,7 miliardi di euro.

È stato quindi specificato come, alla fine del mese di settembre del 2009, il mercato del credito al consumo presentasse finanziamenti complessivi per 110 miliardi di euro, pari al 6 per cento dei crediti erogati dall'intero sistema finanziario italiano, al netto dei mutui immobiliari.
 
Più della metà di questa somma è costituito da prestiti personali (circa 60 miliardi), non finalizzati all'acquisto di uno specifico bene, mentre i crediti finalizzati ammontano a circa 30 miliardi di euro.
 
Alla fine del 2008 il rapporto tra i debiti finanziari complessivi delle famiglie e il reddito disponibile risultava tuttavia del 57 per cento, laddove nell'area dell'euro il corrispondente valore era del 93 per cento, sia perché la percentuale delle famiglie proprietarie di immobili è largamente superiore, sia per lo scarso ricorso alle carte di credito (secondo l’ABI, il 90% delle transazioni in Italia è fatto tramite contanti).
 
E’ peraltro da sottolineare la dinamica dell’indebitamento. In rapporto al reddito disponibile, la quota di credito al consumo delle famiglie italiane alla fine del 2008 si attestava al 10 per cento, contro il 6 registrato alla fine del 2003.
 
Si rileva, inoltre, un peggioramento del livello di insolvenza relativo al settore del credito al consumo, principalmente legato all'incremento delle insolvenze nel settore dei mutui immobiliari a tasso variabile, le quali rappresenterebbero circa l'80 per cento del totale delle  insolvenze.
Sebbene il tasso di insolvenza registrato in Italia appaia finora nettamente più basso di quello registratosi nei principali Paesi europei e negli USA, appare particolarmente preoccupante il progressivo peggioramento del grado di solvibilità delle famiglie italiane. I prestiti incagliati delle famiglie sono infatti aumentati dall'1,5 al 2,2 per cento, la percentuale delle famiglie che hanno prestiti scaduti da almeno 90 giorni è salita al 4,3 per cento e le sofferenze vere e proprie sono lievitate, di pari passo, dallo 0,9 per cento di fine 2007 all'1,2 per cento del primo trimestre 2009.
In quest'ambito il dato peggiore riguarda il tasso di sofferenza delle carte di credito, per le quali si registra, tra il 2008 ed il 2009, relativamente alle carte a saldo, un incremento dal 2 al 2,6 per cento, ed un incremento dal 5,8 al 6,4 per cento per le carte revolving.
 
Gli operatori e i prodotti
 
Con riguardo all'offerta di credito al consumo, nel corso delle audizioni è stato evidenziato come i principali protagonisti del mercato del credito al consumo dal lato dell'offerta siano le banche e le società finanziarie. Con riferimento alle prime è stato rilevato che esse si possono distinguere tra banche «generaliste» (che offrono il credito al consumo insieme ad una vasta gamma di servizi di finanziamento, investimento e pagamento) e «specializzate» (le quali pur dotate dello statuto di banca offrono solo servizi di credito al consumo). Finanziarie e banche non generaliste possono essere qualificate come «istituzioni finanziarie specializzate» (IFS), le quali detengono una quota di mercato pari a circa l'86 per cento del totale.
Il dato si spiega con il fatto che un rilevante numero di banche generaliste ha compiuto la scelta strategica di delegare l'attività di credito al consumo a società specializzate controllate (o delle quali detengono delle partecipazioni), creando divisioni autonome o banche specializzate, per segmento di clientela o per tipologia di prodotto. In effetti, con l'eccezione delle cosiddette «Finanziarie di marca» (o captives in quanto possedute dai costruttori automobilistici), gli operatori specializzati sono quasi totalmente riferibili al sistema bancario (italiano e internazionale), che ne detiene il controllo e che utilizza questa soluzione societaria ed organizzativa in quanto più adatta rispetto alle specificità di questo business.
A seguito di acquisizioni e fusioni che hanno caratterizzato il settore negli ultimi anni si rileva un aumento del grado di concentrazione del mercato: i primi cinque operatori detengono alla fine del 2008 una quota di mercato pari al 45 per cento.
In Italia sono presenti circa 180.000 mediatori creditizi ed agenti in attività finanziaria , circa 1.100 società finanziarie iscritte negli elenchi di cui agli articoli 106 e 107 del TUB e oltre 400 banche che operano nel settore.
A tale panorama si aggiungono i rivenditori convenzionati, i quali hanno un potere contrattuale molto forte rispetto alle banche/intermediari finanziari, in quanto la grande distribuzione è molto più concentrata, facendo capo nella maggior parte dei casi a grandi gruppi esteri, e riescono pertanto ad ottenere commissioni significative per il collocamento dei prestiti finalizzati in funzione della tipologia di bene il cui acquisto è finanziato.
In tale contesto il tema della vigilanza sui mediatori creditizi e gli altri intermediari risulta particolarmente complesso a causa della consistenza numerica della categoria e soprattutto in quanto si tratta di persone fisiche.
La struttura del mercato rilevante del credito al consumo è stata illustrata dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, secondo cui è possibile distinguere due tipologie di finanziamenti: il credito finalizzato all'acquisto di beni specifici (autoveicoli, motocicli, elettrodomestici, mobili) e il credito diretto, erogato nella forma di prestiti personali senza vincolo di destinazione, tramite carte di credito revolving e contro la cessione del quinto dello stipendio.
Il credito finalizzato, che costituisce la tipologia di credito al consumo più diffusa, in quanto rappresenta il 39 per cento del totale dei finanziamenti erogati, è generalmente ottenuto presso esercizi commerciali convenzionati. I margini di guadagno per gli esercizi sono attualmente ridottissimi e l'unica loro vera fonte di guadagno è costituita dalla vendita del finanziamento. I prestiti per l'acquisto di autoveicoli, oltre a rappresentare la componente principale del credito finalizzato (circa il 78 per cento del totale credito finalizzato), si caratterizzano per una marcata presenza, da parte dell'offerta, di società di diretta emanazione delle case automobilistiche.
Nell'ambito del credito diretto i finanziamenti sono effettuati principalmente attraverso tre forme tecniche. La prima consiste nei prestiti personali, finanziamenti concessi a fronte di esigenze economiche del cliente per fini generici non necessariamente specificati e quindi senza alcun vincolo di destinazione all'acquisto di beni o servizi specifici. Nel 2008, tale tipologia di finanziamento ha registrato un incremento del 12 per cento rispetto al 2007.
La seconda forma consiste nelle carte di credito cosiddette revolving, utilizzabili presso tutti i negozi convenzionati, alle quali è associata una linea di credito rotativa che consente di rateizzare i pagamenti. Il cliente si impegna a restituire gli importi utilizzati e gli interessi maturati rispettando l'importo della rata minima mensile stabilita in contratto.
Questa tipologia di finanziamento, collocata in misura significativa da mediatori e agenti in attività finanziaria, ha conosciuto nel 2008 un incremento del 7 per cento, è pari, complessivamente, in termini di stock, a circa 17,5 miliardi di euro, e rappresenta l'uno per cento del totale dell'indebitamento delle famiglie italiane. In Italia le carte di credito revolving rappresentano il 16 per cento del totale dei finanziamenti al consumo erogati, mentre in Francia raggiungono il 42 per cento, in Spagna il 49 per cento e in Gran Bretagna il 61 per cento.
La terza forma tecnica di credito diretto consiste nella cessione del quinto dello stipendio, nel caso di finanziamenti che prevedono come garanzia il reddito da lavoro dipendente prodotto oppure il TFR maturato. I prestiti contro la cessione del quinto, i quali rappresentano il 9 per cento dei flussi di credito al consumo, per un ammontare di consistenze stimabili in circa 9,8 miliardi di euro. Essi hanno conosciuto, nel 2008, un incremento vertiginoso, con un aumento delle entità finanziate del 40 per cento, anche grazie all'estensione di tale forma di credito ai dipendenti privati e ai pensionati ed all'ingresso sul mercato degli sportelli bancari.
 
Gli esiti dei controlli
 
Nel corso degli ordinari controlli di vigilanza, ispettivi e cartolari, sono in particolare emerse:
diffuse anomalie nella catena distributiva, la cui lunghezza è spesso all'origine di una lievitazione dei costi di distribuzione, con aggravi di costi a carico del consumatore;
carenze nei controlli sulla rete;
mancato rispetto formale e sostanziale della disciplina in materia di trasparenza nonché delle normative di settore (ad esempio il decreto del Presidente della Repubblica n. 180 del 1950, in materia di cessione del quinto dello stipendio).
La Banca d’Italia è quindi intervenuta con una comunicazione alle banche e agli intermediari, comunicazione la quale ribadisce che, ai sensi delle disposizioni di vigilanza, è comunque il soggetto erogante a essere responsabile della complessiva attività di collocamento posta in essere dalla catena distributiva fino all'ultimo elemento di contatto con la clientela: ciò comporta per l'intermediario che eroga il credito l'obbligo di presidiare i rischi operativi e reputazionali insiti in comportamenti difformi o anomali posti in essere dalla catena distributiva. In tal senso, sono da evitare forme di remunerazione e valutazione degli addetti alla propria rete di vendita che costituiscano un incentivo a commercializzare prodotti non adeguati rispetto alle esigenze finanziarie dei clienti.
Sempre in tema di controlli, si è evidenziata una criticità: mentre gli intermediari finanziari di maggiori dimensioni operanti nel settore del credito al consumo, iscritti nell'elenco speciale di cui all'articolo 107 del TUB, che sono circa 35, sono stati sottoposti ad una vigilanza regolare da parte della Banca d'Italia, la quale ha concentrato circa il 70-80 per cento delle ispezioni eseguite negli ultimi due anni proprio sulle società finanziarie ex articolo 107 attive nel credito al consumo, sugli intermediari minori, ma più numerosi, iscritti nell'elenco di cui all'articolo 106 del TUB, tenuto dall'Ufficio italiano dei cambi, nonché sui circa 180.000 agenti in attività finanziaria e mediatori creditizi, non si è avuto alcun tipo di vigilanza effettiva.
 
Le pratiche  commerciali a danno dei consumatori e le frodi
 
Per quanto riguarda la trasparenza e la correttezza dell'informazione da fornire al consumatore, si è rilevato come il lato più carente sia quello dell'informativa precontrattuale, ed è stato evidenziato come l'illustrazione delle caratteristiche del bene da acquistare sia spesso più dettagliata rispetto a quella concernente le caratteristiche del contratto di credito che il consumatore dovrebbe sottoscrivere: quest'ultima informazione viene infatti fornita in maniera frettolosa, in molti casi dagli stessi addetti alla vendita, i quali conoscono le caratteristiche del bene venduto, ma non quelle del credito al consumo e magari ignorano anche la distinzione tra TAN e TAEG.
Con riferimento specifico alle carte revolving, è stato rilevato come il consumatore spesso non sia messo nelle condizioni a capire, innanzitutto a livello contrattuale, le caratteristiche, di per sé complesse, del prodotto. Collegata a tale questione è quella legata all'utilizzo della tecnica del pushing, che l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha sanzionato in quanto pratica commerciale scorretta. Spesso, infatti, l'operatore finanziario invia al domicilio del consumatore una carta revolving non richiesta, in base a informazioni contenute in contratti di credito al consumo precedentemente stipulati.
Un ulteriore problema segnalato è quello delle polizze assicurative sottoscritte insieme al credito al consumo, spesso necessarie per accedere al credito, ma il cui costo era finora escluso dal calcolo del TAEG.
Con riguardo all'andamento dei tassi di interesse applicati sui prodotti del credito al consumo, secondo l'Autorità di vigilanza bancaria, il costo del credito al consumo in Italia, che si attesta attorno al 10 per cento, è più alto di circa un punto percentuale rispetto all'area. Tale divario si ricollegherebbe a varie ragioni, una delle quali è data dal fatto che i soggetti che operano nel settore sono soprattutto le finanziarie. Più in dettaglio, sulla base delle informazioni raccolte ai sensi della legge n. 108 del 1996, recante disposizioni in materia di usura, alla metà del 2009 i tassi di interesse medi praticati dalle banche e dalle società dell'elenco speciale per le diverse forme tecniche di credito al consumo si posizionavano su livelli elevati in tutte le categorie. In particolare, i tassi più alti si riscontrano nell'utilizzo di carte di credito revolving (oltre il 17 per cento); seguono il credito finalizzato (poco meno del 12 per cento), i prestiti personali (11 per cento) e la cessione del quinto (con un tasso del 9 per cento che, peraltro, non include le spese per le polizze assicurative, computate a partire dal terzo trimestre 2009).
Un altro aspetto sottolineato relativamente al tema dei costi riguarda l'elevata rigidità nei tassi di interesse praticati e la bassa reattività che gli oneri del credito al consumo mostrano rispetto al movimento dei tassi della politica monetaria e del costo del funding interbancario.
Per quanto concerne l'esercizio delle competenze in materia di pratiche commerciali scorrette, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha rilevato di aver concluso nel 2008 e 2009 circa quaranta procedimenti istruttori nei confronti di operatori del settore del credito al consumo, con riferimento a messaggi pubblicitari diffusi a mezzo stampa e volantini pubblicitari. In particolare, l'Autorità è stata chiamata a valutare la corretta indicazione degli elementi essenziali da cui poter ricavare le condizioni economiche di erogazione dei finanziamenti e l'incidenza delle voci che contribuiscono alla determinazione dei costi complessivi degli stessi.
In alcuni casi l'Autorità ha rilevato come il TAEG non fosse in alcun modo reso esplicito; in altri, lo stesso era indicato attraverso una forbice di valori, dove il limite massimo era quantificato con espressioni quali «max entro i limiti di legge», che l'Autorità ha ritenuto troppo generiche e non atte a consentire al consumatore di calcolare esattamente i costi complessivi del finanziamento.
L'attività istruttoria dell'Autorità ha consentito, inoltre, di accertare l'ingannevolezza di alcuni messaggi da parte di operatori che non erogavano direttamente i finanziamenti, come invece i messaggi lasciavano credere, ma erano abilitati a svolgere soltanto attività di «mediazione creditizia».
L'Autorità ha altresì valutato come scorretta la pratica, adottata da più operatori, consistente nella conclusione di contratti di finanziamento al consumo finalizzato, senza che fosse impartita un'informazione adeguata ai consumatori sulla circostanza che l'importo del finanziamento richiesto sarebbe stato addebitato su una linea di credito contestualmente aperta, utilizzabile mediante emissione di una carta revolving, per la quale erano previsti oneri economici aggiuntivi rispetto all'ordinario credito finalizzato (emissione e invio estratto conto, quota associativa). Parimenti, è stata stigmatizzata la conclusione di contratti di finanziamento finalizzato all'acquisto di determinati prodotti senza informare adeguatamente i consumatori che la sottoscrizione del contratto avrebbe determinato contestualmente la richiesta di concessione di una linea di credito a tempo indeterminato, utilizzabile mediante carta revolving, e senza aver preventivamente acquisito, in modo chiaro ed inequivocabile, il consenso del consumatore all'apertura della linea di credito stessa. Ancora, è stata evidenziato negativamente il fenomeno relativo alla commercializzazione di carte senza che ne fosse indicata chiaramente la natura revolving, o di carte di credito «sponsorizzate» da importanti società non finanziarie, di cui non era chiarita la natura duplice di carta fedeltà e revolving.
Per quanto riguarda il funzionamento delle banche dati utilizzate dalle banche e dagli altri operatori in sede di erogazione del credito al consumo, è stato rilevato come esse siano costituite dai cosiddetti SIC (sistemi di informazione creditizia), attraverso i quali gli operatori finanziari si scambiano le informazioni positive e negative relative agli affidamenti e ai pagamenti della clientela. A tale proposito è stato evidenziato come l'informazione fornita dal SIC dovrebbe essere di supporto alla decisione finale della banca, segnatamente del responsabile dell'analisi del credito, il quale dovrebbe effettuare una valutazione complessiva di tutti i dati disponibili. Accade, invece, che la segnalazione, da parte del SIC, di finanziamenti non in regola a nome del soggetto che ha richiesto un prestito, diventi un impedimento pregiudiziale.
In relazione al fenomeno delle frodi, nel corso delle audizioni è stato evidenziato come i dati della Guardia di finanza, la quale svolge in materia anche un'attività di analisi e studio, indichino che nel settore del credito al consumo sono stati registrati, nel 2008, circa 25.000 casi di operazioni di finanziamento fraudolente, per un importo di circa 145 milioni di euro; nel 2007 erano stati rilevati dall'osservatorio CRIF 22.500 frodi, per un valore di 112 milioni di euro.
Tali frodi hanno in larga parte ad oggetto prestiti finalizzati, ma riguardano anche la sottrazione e clonazione delle carte di credito.
Le regioni in cui si è osservata una maggiore crescita del fenomeno, legata soprattutto ai furti di identità, sono state la Lombardia, il Veneto, il Piemonte e la Toscana (nella quale vi è stata una crescita di quasi il 50 per cento). Un fenomeno preoccupante, e che si è sicuramente accentuato, è rappresentato dalle cosiddette frodi mediante appropriazione dell'identità altrui (cosiddetta «impersonificazione”) non legate all’impossessamento di carte altrui, bensì, in vario modo, dei dati personali del cliente.
 
Possibili iniziative
 
Nell'ambito delle iniziative per combattere il sovra indebitamento, la Commissione ritiene che occorre sviluppare un ragionamento sulle tematiche del microcredito, quale strumento da porsi a latere dei tradizionali canali di finanziamento, in particolare in favore di quei consumatori marginali dal punto di vista economico che incontrano difficoltà, soprattutto a causa della crescita del deficit pubblico, nell'accedere a servizi fondamentali e per i quali può risultare problematico ottenere credito, anche per importi limitati.
Nei confronti di tali soggetti si dovrebbe definire una disciplina speciale, che preveda un regime semplificato per la concessione, da parte di intermediari creditizi chiaramente identificati, di crediti di ridotta entità, non assistiti da garanzie personali. A tale proposito si potrebbe eventualmente stabilire una garanzia accessoria dallo Stato, istituendo a tal fine un apposito fondo, oppure rivitalizzando gli strumenti di finanziamento per le famiglie a scarso reddito già esistenti.
In secondo luogo, occorre promuovere in modo coordinato iniziative per l’educazione dei consumatori.
Quanto agli intermediari, occorrerà rafforzare la vigilanza esercitata dalla Banca d'Italia e dalle altre autorità competenti sugli intermediari operanti nel settore del credito al consumo, sia mediante interventi volti a richiamare gli intermediari al rispetto delle disposizioni di trasparenza, sia attraverso provvedimenti sanzionatori, quali il divieto di intraprendere nuove operazioni o la cancellazione degli intermediari non bancari dagli elenchi speciale e generale di cui, rispettivamente, agli articoli 106 e 107 del TUB, ai sensi dell'articolo 111, comma 1, lettera c), del TUB.
Sempre in linea generale, è indispensabile assicurare il pieno rispetto dell'obbligo specifico, per l'erogatore del credito, di individuare i rischi operativi e reputazionali insiti in comportamenti difformi e anomali posti in essere dalla catena distributiva e di rafforzare i presidi organizzativi in materia di controlli interni. In questo senso, occorre in particolare evitare forme di remunerazione e di valutazione degli addetti alla rete di vendita che costituiscano un incentivo a commercializzare prodotti non adeguati rispetto alle esigenze finanziarie dei clienti.
E’ poi necessario subordinare l'iscrizione all'albo dei mediatori creditizi o all'elenco egli agenti in attività finanziaria a requisiti stringenti di onorabilità e professionalità, stabilendo che quest'ultima sia collegata all'esperienza acquisita negli anni o, in mancanza, sia accertata attraverso un'apposita prova valutativa.
In ossequio al dettato della delega conferita al Governo in materia dall’articolo 33 della legge comunitaria 2008, dovrà inoltre essere imposto l'obbligo, per i mediatori, di assumere una forma giuridica societaria, favorendone la crescita dimensionale, al fine di garantire la qualità degli intermediari sia sotto il profilo professionale sia dal punto di vista patrimoniale, e di consentire loro di dialogare con le banche in condizioni di maggiore indipendenza.
Al medesimo fine è necessario introdurre, anche alla luce delle previsioni della delega per il recepimento della direttiva 2008/48/CE, forme di copertura assicurativa, per garantire che gli intermediari possano comunque risarcire i clienti a fronte di loro eventuali responsabilità professionali.
È altresì opportuno introdurre una distinzione fra l'attività dei mediatori creditizi e quella degli agenti in attività finanziaria, introducendo specifiche cause di incompatibilità tra l'iscrizione nell'albo degli agenti ed in quello dei mediatori, affidandone la gestione, che non deve limitarsi agli aspetti solo formali, ad un organismo apposito, dotato di poteri di verifica e sanzionatori e sottoposto alla supervisione della Banca d'Italia.
Inoltre è necessario consentire ai consumatori di conoscere la natura e le caratteristiche degli intermediari finanziari operanti nel comparto del credito alle famiglie e del credito al consumo, segnatamente facendo maggiore chiarezza sulla loro reale natura, ed inibendo l'operatività di quei soggetti che dichiarano di essere istituti erogatori di credito, ma sono in realtà meri intermediari che percepiscono una commissione sull'ammontare di credito erogato dalla banca.
Parimenti, occorre prevedere che le persone fisiche dipendenti dei mediatori siano anch'esse munite di un titolo professionale individuale, da acquisire attraverso un esame rigoroso e revocabile a fronte di comportamenti scorretti, prevedendo in tale contesto l'istituzione di un'apposita sezione dell'albo dei mediatori creditizi o l'apertura a tali dipendenti dell'elenco degli agenti in attività finanziaria, e stabilendo anche per tali soggetti un percorso di formazione continua e di aggiornamento professionale.
Un'azione ancora a più largo raggio dovrebbe essere compiuta nei confronti di tutti quegli operatori della distribuzione commerciale (cosiddetti dealer) che sono coinvolti nel collocamento al pubblico di prodotti di credito al consumo (è il caso, tipicamente, degli addetti alle vendite presso i concessionari automobilistici), i quali, nella massima parte dei casi, non sono dotati di alcuna specifica qualificazione in ambito creditizio e non sono dunque nemmeno in grado di illustrare adeguatamente al consumatore le caratteristiche e le clausole specifiche del contratto di finanziamento. In ragione delle storture che tale situazione ha prodotto, appare dunque auspicabile avviare una riflessione anche sulla formazione di tale personale, prevedendo corsi di formazione obbligatori.
Inoltre occorre stabilire precisi requisiti e limiti, sia sotto il profilo formale, sia sotto il profilo contenutistico, cui devono sottostare i messaggi pubblicitari relativi al settore del credito al consumo, nonché inibire tutti quei messaggi al pubblico che risultino, se non addirittura truffaldini, non sufficientemente trasparenti, quali quelli che reclamizzino finanziamenti ad un non meglio identificato «tasso zero», ovvero che promettano erogazione di credito anche a soggetti ultranovantenni.
In particolare occorre evitare che gli intrecci societari esistenti possano determinare pressioni, da parte degli istituti bancari o delle società alle quali fanno capo le varie finanziarie, volte ad imporre determinati prodotti o clausole contrattuali, in alcuni casi particolarmente gravose o vessatorie, nei confronti dei consumatori più deboli. È il caso, ad esempio, del settore del credito automobilistico, nel quale una larga fetta di concessionarie o case automobilistiche controllano società finanziarie ed orientano conseguentemente le proprie strategie commerciali al fine di massimizzare i ricavi derivanti dalla concessione dei prestiti finalizzati all'acquisto delle autovetture da loro stesse vendute.
Al riguardo è dunque necessario un intervento legislativo che formuli alcuni principi in merito, stabilendo meccanismi di trasparenza nel caso di partecipazione azionaria nelle banche, nelle società di gestione del risparmio e nelle diverse realtà che erogano credito al consumo, stabilendo limiti ai legami interpersonali tra i componenti dei consigli di amministrazione e dei comitati di vigilanza.
Quanto alla trasparenza dei tassi, un elemento positivo potrà essere rappresentato, in prospettiva, dalla modifica, mediante la revisione delle istruzioni di vigilanza recentemente operata dalla Banca d'Italia, delle modalità con le quali gli operatori debbono procedere alla rilevazione e alla segnalazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge n. 108 del 1996 in materia di usura. Alla luce di tale novità questi tassi dovranno comprendere tutte le commissioni, incluse la componente di mediazione, le commissioni di massimo scoperto, nonché le spese assicurative per la polizza richiesta a garanzia del prestito.
Dovrebbe essere valutata, sempre in linea generale, la possibilità di abilitare l'Autorità garante della concorrenza e del mercato a dichiarare, con provvedimento amministrativo impugnabile dinanzi agli organi di giustizia amministrativa, la nullità parziale di quelle clausole del contratto di credito la cui approvazione non è riferibile alla volontà del consumatore, il quale, si trovi, in forza di tali clausole, a sopportare costi od oneri eccessivi o non previsti senza averne avuto esatta conoscenza al momento della stipula del contratto.
Sul medesimo piano si potrebbe approfondire la possibilità di attribuire alle autorità di vigilanza, per i relativi profili, la competenza ad intervenire sugli schemi negoziali dei contratti di credito al consumo, in particolare quelli che prevedano il rinvio a condizioni generali o che siano conclusi mediante la sottoscrizione di moduli e formulari, ovvero definire uno schema contrattuale il più possibile standardizzato, per lo meno per le principali tipologie di contratti di credito al consumo a maggiore diffusione, che sia sottoposto alla preventiva autorizzazione delle Autorità.
Occorre altresì stabilire forme di responsabilizzazione del soggetto erogante il credito rispetto alla complessiva attività di collocamento posta in essere dalla catena distributiva a contatto con la clientela, nonché sancire, in alcuni casi, l'obbligo specifico, per le banche e gli altri operatori creditizi, di prospettare ai propri clienti, attraverso forme di comunicazione individuale, gli strumenti e le possibilità a loro disposizione per la gestione dei rapporti di credito e la soluzione delle relative problematiche.
In ottemperanza alla direttiva 2008/48/CE, occorre che al consumatore sia consegnato un modulo contenente le «Informazioni europee di base relative al credito ai consumatori» riferite allo specifico contratto di credito da stipulare, al fine di informarlo in modo semplice e comprensibile, ed in forma personalizzata, sulle condizioni contrattuali che essi si accingono a stipulare.

Un intervento fondamentale sotto il profilo specifico della trasparenza dei costi dovrebbe riguardare la definizione di un indicatore del costo globale del contratto che il consumatore stipula, nel quale devono essere conteggiate tutte le singole voci di costo previste.
L’occasione offerta dalla delega per il recepimento della predetta direttiva 2008/48/CE potrebbe essere colta per compiere un passo avanti sulla tematica concernente il collegamento negoziale tra contratto di acquisto del bene o del servizio finanziato attraverso il credito al consumo e contratto di finanziamento, stabilendo con maggiore nettezza la responsabilità solidale civilistica del finanziatore per l'inadempimento del fornitore del bene o servizio cui il credito al consumo è finalizzato, la quale è invece attualmente riconosciuta nei soli casi in cui sussista un accordo di esclusiva tra tali due figure.
Occorre inoltre affrontare il tema dei limiti che devono essere imposti all'indennizzo che il finanziatore può ottenere nel caso in cui il consumatore eserciti la facoltà di rimborsare anticipatamente il credito, al fine di escludere tutte quelle clausole contrattuali che rendono tale facoltà eccessivamente onerosa.
Inoltre, si dovrebbe valutare una norma che vieti talune forme di credito al consumo a soggetti particolarmente deboli.
Passando a taluni tipologie specifiche del credito al consumo, con specifico riferimento ai mutui immobiliari, occorre che il predetto indicatore globale di costo non si limiti ad indicare l'ammontare complessivo della rata iniziale, ma fornisca al consumatore adeguata evidenza circa la possibile dinamica futura del costo del mutuo, nel caso in cui il tasso di interesse risulti variabile o indicizzato.

Sempre per quanto riguarda il settore dei mutui, è emersa, nel corso dell'indagine, la proposta di stabilire norme che, per talune tipologie di mutuo, ad esempio i mutui per l'acquisto della casa di prima abitazione, e per talune tipologie di mutuatari, ad esempio soggetti a basso reddito che non dispongano di un adeguato livello di conoscenze finanziarie, impongano la stipula di contratti di mutuo a tasso fisso, ovvero di mutui che prevedono un limite all'incremento del tasso (mutui cosiddetti cap).
Un ulteriore contributo al miglioramento del livello di tutela dei consumatori dovrà riguardare l'individuazione di strumenti di risoluzione non giurisdizionale delle controversie tra operatori del credito al consumo e consumatori.
Occorre, ancora, che le scelte di erogazione del credito, soprattutto da parte delle banche, non siano dettate meccanicamente dai dati contenuti nei SIC, ma siano il frutto di un'autonoma capacità di valutazione delle banche stesse, evitando che i SIC diventino una sorta di «liste nere», in cui si può finire per ragioni a volte molto banali, se non addirittura per veri e propri errori, attribuendo ai malcapitati uno stigma indelebile, tale da precludere loro ogni successivo accesso al credito bancario.
A questo fine potrebbe ad esempio risultare opportuno portare da tre a sette anni, come avviene nella maggior parte dei Paesi europei, il termine di conservazione nei SIC dei dati relativi alle rate di debito onorate puntualmente, riducendo in tal modo la significatività statistica di eventuali ritardi di pagamento di piccole dimensioni, ed evitando che il sistema possa classificare come «cattivi pagatori» soggetti sostanzialmente in bonis.
 
Parimenti, potrebbe risultare opportuno individuare dei sistemi di codifica che consentano di segnalare, nei SIC, particolari motivazioni che giustifichino l'inadempimento, quali il congelamento dei mutui, una situazione eccezionale o del tutto imprevista a causa della quale il debitore non ha potuto far fronte al proprio debito, una calamità naturale o un evento grave che ha colpito le sue proprietà o la sua attività.
Inoltre, occorre escludere dal novero degli inadempimenti registrati nei SIC gli insoluti che derivino da una truffa o dalla sottrazione di un documento di identità da cui consegua l'erogazione di credito al consumo a nome del titolare del documento.
È altresì necessario che, prima di inserire nel SIC elementi pregiudizievoli per l'erogazione di credito, essi siano comunicati con tempestività dal soggetto erogatore al diretto interessato, avvertendolo delle conseguenze derivanti dall'iscrizione nel SIC dell'inadempimento degli obblighi di rimborso, nonché fissando un tempo ragionevole entro il quale egli può fornire ulteriori elementi di chiarimento o richiedere di non registrare il dato nel SIC, ad esempio nel caso di errori, inadempimenti da parte del creditore che abbiano impedito o ritardato il pagamento delle rate da parte del debitore, omonimie o furti d'identità.
Occorre, inoltre, impedire o circoscrivere fortemente la possibilità che soggetti non operanti nell'ambito del credito al consumo possano accedere agli archivi dei predetti SIC, sia segnalando i dati in loro possesso, sia utilizzando quelli segnalati dagli altri partecipanti.