Le false “offerte di lavoro”

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Assoutenti esamina alcune inserzioni dedicate alle offerte di lavoro che sono state punite dall’Antitrust perché ingannevoli

 

Le inserzioni sui giornali riguardanti “Offerte di lavoro” sono uno strumento utile per chi è alla ricerca di una occupazione. Esaminando le pronunce dell’Antitrust, si scoprono però tanti casi in cui, dietro l’offerta di un lavoro, si nascondo pratiche scorrette o delle vere e proprie truffe. Analizziamo alcuni esempi.

Un primo gruppo riguarda gli annunci di lavoro a domicilio che continuano a comparire su quotidiani a diffusione locale.

Il meccanismo è semplice: si prospetta la possibilità di lavorare presso la propria abitazione, anche part time, per confezionare bigiotteria, assemblare penne a sfera, imbustare materiale pubblicitario o trascrivere indirizzi. Per attirare l’attenzione, nel messaggio compaiono spesso affermazioni come “Possibilità di guadagno fino a 1.600 euro mensili1 oppure “Ottimi margini di guadagno2 ovvero “Garantiamo minimo 150 € al mese3. Solo dopo il primo contatto, il povero malcapitato scopre che il materiale non è gratuito, come prospettato nell’annuncio; al contrario, bisogna pagare alla consegna un importo variabile, giustificato di volta in volta come “spese per imballaggio e spedizione”, “oneri di inquadramento nell’organico esterno dell’azienda“, “diritti di segreteria e istruzione pratica”.

In sintesi, sostiene l’Agcm, non ci troviamo di fronte ad un rapporto di lavoro che consente l’inquadramento del lavoratore nell’ambito di un’azienda: l’offerta di lavoro serve solo a mascherare la fornitura a pagamento di beni. E, in taluni casi, l’Antitrust ha rilevato che la persona che risponde all’annuncio doveva essa stessa procacciarsi propri “clienti”, ricevendo un compenso per ogni adesione di nuovi “consumatori”, secondo il perverso meccanismo della c.d. “catena di S. Antonio4.

Il Tar ha confermato in generale l’orientamento dell’Agcm 5.

 

Una seconda categoria riguarda le offerte di lavoro che nascondono corsi di formazione o stage a pagamento: il cittadino viene attirato da una inserzione per un attraente sbocco lavorativo (“Il mestiere creativo. Opportunità per giovani … anche inesperti ma creativi previo training Libera professione – freelance Tecnico pubblicitario, ideazione, creazione e realizzazione campagne pubblicitarie”) 6 o di un provino cinematografico e televisivo (“Stiamo selezionando ragazzi e ragazze nella tua provincia per partecipare a Spot televisivi, Servizi foto-pubblicitari ed a sfilate di moda”) 7: in realtà chi risponde all’annuncio si trova di fronte a corsi per la formazione, ovviamente a titolo oneroso, di cui non si fa cenno nei messaggi pubblicitari. Sugli annunci dello Studio GM di Napoli leggi questa scheda.

Un altro esempio significativo è quello della società Education scuole e lavoro, che prometteva, al termine di un corso di formazione, un facile inserimento nel mondo del lavoro o, almeno, uno stage presso un professionista; mentre, nella realtà, la società si limitava a stabilire un contatto con alcune aziende 8.  Proprio prendendo spunto da questa vicenda abbiamo realizzato un controspot per sensibilizzare i cittadini – ed in particolare i più giovani – a prestare la massima attenzione prima di firmare un contratto.

I giudici amministrativi hanno dato ragione all’Agcm 9 o hanno preso atto della frequente rinuncia al ricorso da parte delle ditte sanzionate 10.

 

Molto importante è un terzo gruppo, che riguarda le offerte di lavoro che fanno riferimento – anche indirettamente – al c.d. franchising (o affiliazione commerciale). Con questo termine si descrive una forma di collaborazione tra un’impresa già affermata ed un piccolo imprenditore che non vuole partire da zero ma preferisce firmare un contratto con una azienda più famosa per vendere i suoi prodotti ed avere assistenza nello svolgimento di tale attività. La legge regola questa materia in modo rigoroso 11: spesso però i giovani imprenditori si trovano di fronte a brutte sorprese, perché le condizioni pubblicizzate non sono veritiere. Vediamo alcuni casi significativi.

L’Agcm ha giudicato ingannevole, ad esempio, il messaggio pubblicitario della società I Tur perché prometteva un’ampia serie di servizi per l’apertura di una agenzia di viaggio (arredamento, software, contratti con importanti tour operator, assistenza fiscale e commerciale etc) ad un prezzo contenuto: solo in una fase successiva si scopriva che alcune di queste prestazioni comportavano oneri ulteriori 12. Nel caso della società Dog project l’Agmc ha ritenuto che i messaggi pubblicitari (anche attraverso forme di pubblicità non trasparente 13) enfatizzassero i ricavi ottenibili attraverso l’affiliazione, sottacendo anche alcuni importanti oneri fissi per royalties, inducendo così in errore l’imprenditore sui tempi necessari a rientrare dei capitali investiti. Più di recente, è stata sanzionata Posteshop per aver fornito informazioni non veritiere sulle caratteristiche della rete di vendita Kipoint (numero dei punti vendita affiliati e fatturato medio conseguibile) 14.

L’Agcm ha sanzionato anche altre società per annunci che, per le modalità di presentazione, potevano essere facilmente interpretati come forme di franchising ma che, nella realtà, si configuravano come fornitura di distributori automatici di dvd e Vhs 15, ovvero di software 16, oppure di capi di abbigliamento 17. L’Autority contesta che i messaggi pubblicitari in questione enfatizzano i ricavi che potranno essere ottenuti, il supporto garantito e l’importanza del marchio pubblicizzato, così  da trarre in inganno colui che risponde all’annuncio, in quanto non è fornita un’adeguata rappresentazione dei rischi e delle caratteristiche  della nuova attività imprenditoriale.

 

Un altro tipo di pratica scorretta che merita di essere analizzata riguarda le c.d. “catene di S. Antonio”, espressamente vietate dal codice del consumo 18: le aziende prospettavano ottime possibilità di guadagno, da ottenere attraverso la ricerca di potenziali acquirenti di determinati prodotti. Nel caso della società Telme, che opera nel campo della telefonia, i consumatori erano sollecitati all’acquisto di un prodotto della società e, contestualmente, a promuoverne la diffusione, attraverso una imprecisata attività imprenditoriale, dietro il pagamento di una provvigione 19.  Nel caso della Wellness Italia, si proponeva l’acquisto, anche tramite autofinanziamento, di un prodotto per lo smaltimento dei rifiuti, offrendo provvigioni (o l’ingresso in società) per ogni nuovo potenziale acquirente: per rendere più attraente la proposta, la società magnificava in modo fuorviante le caratteristiche del prodotto, facendo credere che esso avrebbe avuto, ai sensi della legislazione vigente, una rapidissima espansione presso tutti gli esercizi commerciali: al contrario, in molti comuni l’installazione di questi prodotti risultava vietata… 20.  Sulla recente pronuncia nei confronti della Xango, relativa alle modalità di commercializzazione di un succo di frutta clicca qui.

 

Il lavoro svolto dall’Antitrust per contrastare le pratiche scorrette in questo settore merita un plauso particolare, in quanto volto a tutelare persone che cercano di accedere al mercato del lavoro, magari in modo occasionale, spinte da una situazione di bisogno e che quindi si trovano in una situazione di oggettiva debolezza contrattuale.

Proprio per questo è opportuna la collaborazione di tutti per smascherare queste false offerte di lavoro. Se ti capita di vedere uno di questi annunci o sei caduto in una “trappola” analoga, fai subito una segnalazione al numero verde istituito dall’Antitrust (800166661) ed a Assoutenti ([email protected]).

 

26 marzo 2010 (aggiornamento del 2 luglio 2011)



1 Cfr il procedimento PS1655 del 2009, provvedimento 20027, conclusosi con una sanzione di 60.000 euro nei confronti della impresa individuale Creazioni Annabella.
2 Vedi il procedimento PS3569 del 2009, provvedimento 20622, terminato con una sanzione di 50.000 euro nei confronti della impresa individuale Estensione moda. L'Agcm ha deliberato nel 2010 un'ulteriore sanzione di 75.000 euro per inotemperanza (provvedimento n. 21072 del 2010)
3 Cfr il procedimento PS577 del 2008, provvedimento 18780, conclusosi con una sanzione di 35.000 euro nei confronti della società Linea lei creazioni.
4 Vedi i casi della impresa individuale Estensione moda (sopra citato) e quello della società Gadget (procedimento PS1368 del 1997, provvedimento 5089): in quest’ultimo caso l’Agcm ha disposto anche la pubblicazione su un quotidiano nazionale che chiarisce la reale natura dell’annuncio fatto dalla società Gadget.
5 Cfr. la sentenza del Tar del Lazio n. 2483 del 2008, che ha respinto il ricorso della ditta Fantasy nei confronti del provvedimento n. 9548 del 2001 (PI3214) che aveva imposto anche la pubblicazione di una rettifica sui medesimi giornali.
6 Vedi la pubblicità della società Zenith (procedimento PS1228 del 2009, provvedimento 20365). Dopo la sentenza del Tar n. 5323 del 2010, l'Agcm ha ridotto la sanzione da 35.000 euro a 10.000 euro per tener conto della precaria situazione economica della Zenith (provvedimento n. 21342).
7 E’ il caso dell’annuncio della società Progetto immagine (procedimento PI4435 del 2004, provvedimento 13387).
8 Cfr il procedimento PS807 del 2008, provvedimento 19257, conclusosi con una sanzione di 60.000 euro (per approfondimenti leggi qui  ).
9 Vedi le sentenze del Tar del Lazio n. 6437 del 2009 e del Consiglio di Stato n. 5480 del 2012 (ricorso della società Education) e la sentenza del Tar n. 4107 del 2008 (ricorso della società Progetto immagine).
10 Cfr. i decreti del Tar Lazio del 2009 n. 11453, 11475, 11845 e 11846. In questi casi l’Agcm aveva disposto la pubblicazione sui giornali di dichiarazioni di rettifica.
11 Cfr. la legge n. 129 del 2004.
12 Vedi il procedimento PB7 del 2008, provvedimento 18697, conclusosi con una sanzione di 150.000 euro. Il tar del Lazio, con sentenza n. 32371 del 2010, ha respinto il ricorso della I Tur.
13 Vedi il procedimento PI5204 del 2007, provvedimento 15824. L’Agcm ha punito anche la società editrice Sesaab per una intervista su un quotidiano locale considerata in realtà una forma di pubblicità non trasparente, giudizio confermato anche dal tar del Lazio (cfr sentenza n. 4189/2010).
14 Vedi il procedimento PB455 – procedimento n. 20951 del 2010 e la sentenza del Tar che ha respinto il ricorso della società (n. 36113 del 2010), che si è ora rivolta al Consiglio di Stato. Per ulteriori informazioni clicca qui .
15 Vedi il procedimento PI6050 del 2007, provvedimento 17609 nei confronti delle società Video system, Areafilm e Made it, conclusosi con una sanzione complessiva di 42.200 euro, incrementata di ulteriori 100.000 euro per inottemperanza al dispositivo dell’Agcm. Il Tar del Lazio, con sentenze n. 3723 del 2009 e n. 12285 del 2010, ha respinto i ricorsi e così ha fatto il Consiglio di Stato (sentenza n. 113 del 2011): se vuoi saperne di più vedi la scheda Assoutenti .
16 Vedi il procedimento PI5615 del 2007, provvedimento 16906, terminato con una sanzione di 25.000 euro nei confronti della società Dodotour Evolution travel, successivamente incrementata di ulteriori 250.000 euro per ripetuta inottemperanza ai dispositivi dell’Agcm. I giudici amministrativi hanno respinto i ricorsi della società (leggi questa scheda  ).
17 Vedi il procedimento PB5 del 2008, provvedimento 19050, conclusosi con una sanzione di 220.00 euro alla società Iana, ridotta a 110.000 euro dal Tar del Lazio, con sentenza n. 5685 del 2009.
18 Cfr. l’art. 23, lett. p), che punisce coloro che mettono in atto “un sistema di promozione a carattere piramidale nel quale il consumatore fornisce un contributo in cambio della possibilità di ricevere un corrispettivo derivante principalmente dall'entrata di altri consumatori nel sistema piuttosto che dalla vendita o dal consumo di prodotti”.
19 Vedi il procedimento PS121 del 2008, provvedimento 19163, conclusosi con una sanzione di 100.000 euro. Il Tar del Lazio, con ordinanza n. 880 del 2009, ha respinto la richiesta di sospensiva.
20 Vedi il procedimento PS902 del 2009, provvedimento 20123, conclusosi con una sanzione complessiva di 220.000 euro. Il Tar del Lazio, con ordinanza n. 5593 del 2009, ha respinto la richiesta di sospensiva.