La normativa comunitaria in materia di pratiche commerciali scorrette

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 La Commissione europea fa il punto sullo stato di attuazione della direttiva comunitaria nei diversi Paesi dell’Unione

La Commissione europea ha approvato il 14 marzo 2013 il documento conclusivo di un’indagine sui risultati ottenuti nella lotta alle pratiche commerciali scorrette 1.

La direttiva 2005/29/CE ha consentito di migliorare notevolmente la tutela dei consumatori e rafforzare la fiducia nel mercato interno, prevenendo la concorrenza sleale ed eliminando gli ostacoli derivanti dalle diversità tra le normative dei vari Paesi; ciò attraverso una serie di principi sulla trasparenza dei messaggi pubblicitari e delle pratiche commerciali, unite ad una “lista nera” di alcune pratiche sleali espressamente vietate. Progressi si sono registrati, in particolare, con riferimento alla c.d. bait advertising (o pubblicità propagandistica) caratterizzata dall’offerta di prodotti o servizi la cui disponibilità è in realtà sottoposta a limiti o condizioni, alle pubblicità di beni falsamente “gratuiti” e agli ostacoli all’esercizio dei diritti stabiliti dalla legge o dal contratto (a partire dal diritto di recesso); non mancano però i rilievi critici fondati in particolare sulla complessità e lunghezza delle procedure interne o l’insufficienza di sanzioni realmente deterrenti. Un ruolo importante nell’armonizzazione dei criteri di interpretazione della normativa comunitaria è stato svolto dalla Corte di giustizia europea.

Il giudizio positivo sulla prima fase di applicazione della direttiva 2, che a giudizio della Commissione non necessita al momento di modifiche e integrazioni, deve essere accompagnato da un maggiore coordinamento tra i diversi organismi che operano in questo campo e da una serie di iniziative di studio e formazione per migliorare ulteriormente il sistema di garanzie e favorire una maggiore consapevolezza da parte dei cittadini. A tal fine sono individuati alcuni settori sui quali concentrare l’attenzione:

–          le indicazioni “ecologiche” ed ambientali (del tipo “rispettoso dell’ambiente”, “biodegradabile”, “sostenibile”, “naturale”) ancora utilizzate in modo generico e perciò spesso ingannevoli, in particolare nel campo dell’energia, dei prodotti cosmetici, delle autovetture;

–          le pratiche aggressive nei confronti dei soggetti più “vulnerabili”, in particolare gli anziani ed i bambini, a cominciare dalle pubblicità dei giochi on line e da quelle fondate sulla esortazione, da parte dei rivenditori, affinché i bambini chiedano ad un adulto di acquistare i prodotti pubblicizzati;

–          le vendite on line, che ancora sono poco sviluppate proprio in ragione della scarsa trasparenza della offerta e del forte contenzioso che si registra in caso di acquisti effettuati presso siti di altri Paesi europei. Si tratta di un ostacolo molto forte allo sviluppo del commercio transfrontaliero e alla ricerca da parte del consumatore di prodotti con prezzi e qualità migliori;

–          i servizi finanziari, il mercato immobiliare e quelli dei viaggi e trasporti, caratterizzati da informazioni inadeguate rispetto alla complessità delle transazioni e da numerosi casi di pratiche sleali;

–          i siti web che propongono una comparazione tra diversi beni o servizi, senza però informare correttamente dell’identità del soggetto che li gestisce e dei rapporti con le aziende che li forniscono (cioè se i siti siano “sponsorizzati” oppure “indipendenti”);

la pubblicità occulta, anche con riferimento ai messaggi pubblicitari “mascherati” veicolati attraverso i social network.



1 Vedi la comunicazione al parlamento europeo al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo COM(2013) 138.

2 Per la banca dati europea sulle pratiche commerciali scorrette consulta il sito della Commissione